Stipsi (stitichezza)

La stitichezza o stipsi viene generalmente definita come una difficoltosa o infrequente evacuazione con sensazione di incompleto svuotamento intestinale. La stipsi acuta si distingue da quella cronica (che ha durata maggiore di 6 mesi) per la transitorietà del disturbo che può conseguire a diverse cause (ad esempio: interventi chirurgici, malattie acute, o semplicemente si può manifestare dopo un viaggio). In genere, superata la fase “critica”, la stipsi si risolve in breve tempo.

Che cos’è la stipsi?

Con il termine “stipsi”, che deriva dal greco styphein (stretto), si fa riferimento ad una difficoltà nell’espletamento della funzione intestinale che può avere un impatto notevole sulla qualità della vita. Rappresenta una problematica molto comune che colpisce circa il 15% della popolazione. Coinvolge in gran parte i soggetti di sesso femminile ed aumenta con l’avanzare dell’età. Risulta più frequente nei soggetti depressi o sottoposti a stress psicologici.

La normale frequenza di defecazione è variabile da persona a persona: indicativamente dovrebbe essere da tre evacuazioni al giorno a tre alla settimana.

Da cosa può essere causata la stipsi?

La stipsi transitoria è comune durante la gravidanza, in caso di cambiamenti di luogo ed abitudini alimentari (es. viaggi), in persone sedentarie che non si idratano in maniera sufficiente, nel periodo che segue interventi chirurgici e dopo l’assunzione di antibiotici.

Le cause della stipsi cronica, invece, possono essere vere e proprie disfunzioni motorie intestinali e/o anorettali oppure patologie come la diverticolosi, le malattie infiammatorie croniche intestinali, il tumore del colon-retto. Spesso alla stipsi si accompagnano malattie croniche fra cui vi sono il Morbo di Parkinson, il Diabete e malattie neurologiche.

Il transito delle feci lungo l’intestino può essere rallentato anche da alcuni farmaci (es. anestetici, analgesici, antiacidi, anticolinergici, antidepressivi).

Con quali sintomi si manifesta la stipsi?

In genere i sintomi segnalati dai pazienti affetti da stipsi sono:

  • ridotta frequenza di evacuazioni (meno di tre alla settimana)
  • presenza di feci dure (“caprine”)
  • sforzo eccessivo e prolungato durante la defecazione
  • senso di ostruzione o blocco anale
  • sensazione di evacuazione incompleta
  • ricorso a manovre manuali o ausili tipo clisteri e supposte

La stipsi può comportare una notevole riduzione della qualità di vita delle persone. Le feci dure ed i continui sforzi inoltre possono causare non solo un rialzo della pressione sanguigna (con possibili emorragie congiuntivali), ma anche irritazioni e prolasso delle emorroidi. Solitamente la stipsi è una condizione benigna, ma se compare improvvisamente in persone adulte con una familiarità di tumori intestinali, se è presente il sangue nelle feci, se si dimagrisce, se si diventa anemici, è necessario rivolgersi al medico curante per eseguire gli esami del sangue e strumentali. La complicanza più temibile della stipsi è l’occlusione intestinale causata dalla presenza del cosiddetto “fecaloma” che è un accumulo di feci che si può fermare in qualsiasi tratto del colon che, se non adeguatamente trattato, può comportare (in rari casi) un’ischemia rettale (ovvero mancanza di apporto sanguigno).

Come eseguire la diagnosi?

L’approccio con il paziente con stipsi inizialmente è basata su un’anamnesi accurata e sull’esame clinico. Con le procedure diagnostiche utilizzate si vuole identificare la causa organica o funzionale della stipsi: esse verranno scelte dal medico basandosi sui sintomi del paziente e sui dati rilevati clinicamente.

Clisma opaco a raggi x: attraverso l’introduzione di bario (mezzo di contrasto) per via anale, permette la visualizzazione dell’anatomia del colon (es. dolicocolon, megacolon), le sue pareti, ed eventuali diverticoli o polipi.

Defecografia: esame radiologico con cui si ha l’opacizzazione delle ultime porzioni del colon (canale anale-retto e sigma) mediante il bario introdotto per via anale. In alcuni centri il mezzo di contrasto viene assunto anche per via orale qualche ora prima per riuscire a visualizzare le ultime anse dell’intestino tenue (piccolo intestino). L’esame consente la valutazione della funzionalità dell’apparato anorettale in posizione fisiologica (su una comoda), in termini di capacità di tenuta a riposo e durante la contrazione volontaria (contrazione dei muscoli sfinteriali e degli elevatori dell’ano), l’efficacia della spinta, la presenza o meno di prolassi, e se vi è un abbassamento del piano perineale.

– Colonscopia: permette l’esame dell’intero colon attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile con incorporata una telecamera e con un sottile canale attraverso il quale passare la pinza bioptica per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie) o per asportare polipi.

Colonscopia virtuale: indicata quando il paziente non tollera colonscopia, ha avuto diverticoliti, ha restringimenti o colon troppo difficili e lunghi da esplorare con l’endoscopia.

– Manometria anorettale: con cui si valutano le pressioni del canale anale a riposo, durante la contrazione volontaria e durante la spinta. L’insufflazione di un palloncino all’interno del retto, inoltre, consente la verifica dell’integrità del plesso nervoso nella parete del retto (attraverso il riflesso inibitorio rettoanale) e delle soglie di percezione di evacuazione e di urgenza.

Studio dei tempi di transito intestinale: consente di diagnosticare “stipsi da rallentato transito intestinale”: si ingerisce un numero variabile di piccoli marcatori radio-opachi e dopo alcuni giorni si procede ad un esame radiologico dell’addome. Quando più dell’80% dei marcatori è stato espulso e non sono quindi visibili all’immagine radiologica, il transito viene definito normale.

Trattamenti

In molti casi è sufficiente fare dei cambiamenti nell’alimentazione, nell’idratazione e nello stile di vita per alleviare i sintomi e gestire la stipsi.

  • Regolarità negli orari dei pasti: la regolarità nell’alimentazione contribuisce al benessere intestinale
  • Dieta con fibre: viene consigliato un consumo di almeno 20-35 grammi di fibre giornaliere. Tra le fibre, utili ci sono sia quelle solubili (mucillagini di psillio o glucomannano) che insolubili (metilcellulosa, crusca)
  • Esercizio regolare: l’attività intestinale viene favorita dall’attività fisica.
  • Adeguato apporto di liquidi: bere acqua contribuisce a mantenere un buon transito delle feci che sono più morbide.
  • Dedicare il giusto tempo alle funzioni intestinali: il momento migliore è al mattino dopo la prima colazione e non bisogna ignorare lo stimolo.
  • Lassativi: vi si ricorre quando i cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita non risultano sufficienti. Ve ne sono di diversi tipi:
  1. Integratori di fibre o lassativi di massa: richiamano acqua nell’intestino ed ammorbidiscono le feci favorendone l’evacuazione.
  2. Da contatto/Stimolanti: sono dei potenti attivatori della motilità intestinale, ma possono provocare crampi addominali.
  3. Emollienti delle feci: lubrificano le feci e ne facilitano il passaggio.
  4. Osmotici: la loro azione trattiene e richiama i liquidi nell’intestino attraverso un meccanismo osmotico o modifica la distribuzione dell’acqua nel materiale fecale.
  5. Lassativi salini: richiamano acqua nel colon. Spesso vengono impiegati nella preparazione per le procedure endoscopiche.
  6. Procinetici
  7. Agonisti serotoninergici (Prucalopride): questi agenti stimolano il rilascio di aceticolina che è un neurotrasmettitore che incrementa le contrazioni peristaltiche del colon.

Come si può prevenire?

Attraverso una dieta con adeguato apporto di fibre (frutta, verdure, cereali integrali) e povera di grassi e di zuccheri.

Con un’adeguata idratazione

Praticando attività fisica (come camminare, andare in bicicletta o nuotare)

Dedicando il giusto tempo alle proprie funzioni fisiologiche

Disclaimer

Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.