Tumore della prostata

Tumore della prostata

La prostata è una ghiandola presente solo negli uomini, che svolge la funzione principale di produrre e immagazzinare il liquido seminale rilasciato durante l’eiaculazione. È localizzata davanti al retto, al di sotto della vescica, e avvolge l’uretra, il piccolo canale deputato al trasporto dell’urina.

Il tumore della prostata è uno dei più frequenti tra gli uomini e il rischio è collegato direttamente all’età: se a 50 anni circa 1 uomo su 4 presenta cellule cancerose nella prostata, a 80 anni questa condizione riguarda 1 uomo su 2. Un ingrossamento di questa ghiandola (che in condizioni normali ha le dimensioni di una noce) non indica necessariamente la presenza di un tumore: si può infatti avere una proliferazione fisiologica del tutto benigna e, anche in caso di presenza di cellule maligne, la crescita può essere così lenta da non costituire un pericolo. La crescita del tumore alla prostata, in genere, avviene lentamente, senza diffondersi al di fuori della ghiandola. Esistono tuttavia anche forme più aggressive, nelle quali le cellule malate invadono rapidamente i tessuti circostanti e si diffondono anche ad altri organi.

Da cosa può essere causato il tumore della prostata?

Non sono ancora del tutto note le cause di questa neoplasia, ma si sa che alla base vi è una mutazione nel DNA delle cellule, che provoca una proliferazione anomala delle stesse, il cui accumulo determina il tumore.

Fattori di rischio

Tra i fattori che possono aumentare il rischio di tumore alla prostata sono inclusi:

  • età: questo tumore è più frequente dopo i 65 anni
  • gli uomini appartenenti alla comunità afroamericana sono più a rischio degli altri, anche se le cause di questa differenza sono sconosciute
  • presenza in famiglia di altri casi
  • obesità
  • dieta ricca di grassi saturi

 È possibile prevenire il tumore della prostata?

Tenere sotto controllo il peso e limitare il consumo di grassi, soprattutto di quelli saturi (carni grasse di origine animale e formaggi) rappresenta la sola forma di prevenzione di questo tumore. Si può eseguire una diagnosi precoce attraverso la misurazione del PSA, un antigene prostatico specifico, con una semplice analisi del sangue da effettuare in modo regolare dopo i 50 anni di età. I dati che emergono dai lavori sullo screening indicano di eseguire l’esame dopo i 40 anni in caso di familiarità.

Come eseguire la diagnosi

In gran parte dei casi, la diagnosi di tumore della prostata viene eseguita in base agli esami di screening, poiché agli stadi iniziali questa neoplasia in genere si presenta senza sintomi: il 30% circa dei casi, infatti, viene scoperto quando la malattia si è già diffusa oltre la ghiandola.

Gli esami di screening sono spesso parte di una visita medica di routine, in particolare negli uomini dopo i 40 anni di età. È possibile che il medico raccomandi anche esami specialistici se si manifestano sintomi indicativi di un disturbo alla prostata. Tra gli esami sono compresi:

  • Esplorazione Rettale: il medico, dopo aver indossato un guanto lubrificato, introduce con delicatezza un dito nel retto del paziente per palpare la parete posteriore della ghiandola prostatica premendo contro la parete dell’ano. Circa il 70% dei tumori si sviluppa vicino alla parte esterna della prostata e, in alcuni casi, possono essere rilevati mediante un’esplorazione rettale.
  • Esame del PSA (Antigene Prostatico Specifico): viene eseguito un prelievo di sangue per poter verificare il livello ematico di PSA, una sostanza prodotta dalla ghiandola prostatica con la funzione di fluidificare il liquido seminale. Una piccola quantità di PSA circola sempre nel sangue. Livelli elevati di PSA o livelli crescenti nel tempo potrebbero segnalare una prostatite, un’ipertrofia prostatica o un tumore della prostata.
  • Biopsia: nel caso in cui ci sia un sospetto clinico (palpatorio) o biochimico (PSA elevato) il medico può raccomandare una biopsia prostatica multipla per via transrettale, in anestesia locale, attraverso centratura ecografica. Durante l’esame viene prelevato un numero variabile di piccoli campioni di tessuto da aree diverse della prostata. Si procede, poi, all’analisi del tessuto al microscopio allo scopo di accertare la presenza di cellule neoplastiche. La biopsia è un esame generalmente ambulatoriale per cui non è richiesto il ricovero ospedaliero.

Grado di aggressività e stadiazione

Si sottopongono le biopsie ad esame istologico al microscopio. Se si rilevano cellule neoplastiche, il medico anatomopatologo si attiva per stabilire l’estensione del tumore nel tessuto. È possibile, quindi, che siano necessari altri esami ematici o radiologici.

  • Radiografia del Torace:  benché meno del 5% dei tumori prostatici si diffonda ai polmoni, in fase preoperatoria è necessario eseguire una RX del torace.
  • Tomografia Assiale Computerizzata (TAC): la TAC è generalmente utile quando associata con altri esami. Può rilevare i linfonodi patologici nella pelvi e nell’addome, dove il tumore prostatico tende a diffondersi. Tuttavia l’esame non è abbastanza sensibile per individuare cellule tumorali singole o microscopiche nei linfonodi. Attualmente, con la TAC non si ottengono informazioni sufficientemente attendibili circa lo stato della prostata o lo stadio del tumore, e trova indicazione solo in casi selezionati.
  • Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): nella Risonanza Magnetica non vengono impiegate radiazioni. Attualmente si utilizza in casi specifici al fine di valutare la presenza di malattia nell’osso e nelle parti molli.
  • Scintigrafia ossea: è una procedura diagnostica che serve a stabilire la diffusione del tumore alle ossa. Ne viene stabilita la necessità in base al tipo e allo stadio del tumore prostatico, oltre che ai valori di PSA.
  • PET con colina: è una moderna metodica in cui viene utilizzato un radiofarmaco specifico. Attualmente risulta essere l’esame con la più elevata accuratezza diagnostica per valutare la diffusione della malattia e, soprattutto, per la rivalutazione in caso di recidiva biochimica.

Trattamenti

Una volta confermata la diagnosi di cancro della prostata e stabilito il “grading” (grado di aggressività) sulla base del punteggio di Gleason, l’urologo discute le opzioni terapeutiche con il paziente. Gli approcci terapeutici per il cancro della prostata variano dalla vigile osservazione alla sorveglianza attiva, dalla radioterapia all’intervento di asportazione della prostata (prostatectomia radicale) all’ormonoterapia e alla chemioterapia. Il trattamento viene scelto in base a fattori come l’estensione del tumore, la sua eventuale diffusione extra-prostatica, l’età del paziente e il suo stato di salute generale.

Chirurgia

Rappresenta il trattamento più diffuso per il tumore prostatico. La chirurgia come unica modalità terapeutica (senza quindi prevedere altri trattamenti successivi come radioterapia, chemioterapia, ecc.) ha efficacia nel trattamento del cancro circoscritto alla ghiandola prostatica.

Radioterapia a fasci esterni

Nella Radioterapia vengono erogati raggi X allo scopo di distruggere le cellule neoplastiche, che sono solitamente più sensibili agli effetti dannosi delle radiazioni rispetto alle cellule normali. È possibile utilizzare le radiazioni per il trattamento di quasi tutti gli stadi di cancro della prostata, con o senza chirurgia, in base allo stato di salute generale del paziente e alla gravità del tumore.

Comunemente si ricorre alla radioterapia anche dopo l’intervento chirurgico (radioterapia post-operatoria) per il trattamento dell’area in cui era contenuta la prostata (loggia prostatica).

Ormonoterapia

L’ormonoterapia riduce la produzione degli ormoni sessuali maschili, responsabili dell’accelerazione della crescita del tumore prostatico. Rappresenta un’opzione nei casi di cancro prostatico avanzato, da sola o associata ad altre terapie.

Chemioterapia

Nei pazienti che sviluppano resistenza ad un trattamento ormonale può essere indicato un trattamento chemioterapico.

Vigile osservazione e sorveglianza attiva

La vigile osservazione (monitoraggio del paziente con la valutazione periodica del PSA) e la sorveglianza attiva (monitoraggio del paziente con PSA e biopsie ripetute) possono costituire un’opzione terapeutica in casi selezionati.

Protocolli di ricerca clinica

Lo scopo dei protocolli di ricerca clinica è di determinare la sicurezza e l’efficacia di una terapia: possono non rappresentare una cura, ma prolungare la vita o migliorarne la qualità. Per tali protocolli può essere previsto l’impiego di nuove molecole di diversa origine, come chemioterapici o terapie biologiche, la cui azione è mirata al meccanismo di proliferazione cellulare tipico di un preciso tipo di neoplasia (farmaci “intelligenti”). Per avere maggiori informazioni e capire quali protocolli possono essere adatti al proprio caso, è consigliabile per il paziente consultare il proprio medico di fiducia.

Trials

Studio di fattibilità della radioterapia stereotassica body sbrt per soggetti che presentano linfonodi metastatici per neoplasie genito urinarie gastro-enteriche e ginecologiche.

Disclaimer

Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.