Tumori carcinoidi gastrointestinali

Tumori carcinoidi gastrointestinali

Il tratto gastro-intestinale rappresenta una sede in cui di frequente vengono localizzati i tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici, soprattutto il piccolo intestino, seguito dallo stomaco, e dal colon retto. I tumori neuroendocrini sono tumori a lenta crescita e in genere poco aggressivi, anche se in alcuni casi, invece, possono crescere rapidamente e comportarsi in modo più maligno.

Fattori di rischio

Sono rappresentati da:

  • alcune condizioni che impediscono allo stomaco di secernere la giusta quantità di acido
  • il fumo di sigaretta

Con quali sintomi si manifestano i tumori carcinoidi gastrointestinali?

In genere i tumori carcinoidi gastrointestinali in una fase iniziale sono asintomatici. Alcuni pazienti possono però segnalare sintomi legati all’eccessiva produzione di un ormone chiamato serotonina, che può provocare la cosiddetta “sindrome da carcinoide”:

  • vampate di calore al volto (flushing)
  • diarrea
  • dolore addominale (causato da ostruzione dell’intestino)
  • difficoltà a respirare e sibili (crisi asmatica)
  • debolezza e affaticamento
  • perdita di peso
  • tachicardia
  • danni alle valvole del cuore

È possibile che i pazienti colpiti da sindrome da carcinoide, se sottoposti a procedure chirurgiche o anestesiologiche o a trattamento chemioterapico, sviluppino la cosiddetta “crisi da carcinoide”, una situazione potenzialmente fatale determinata dall’improvvisa liberazione di grandi quantità di serotonina nel circolo sanguigno.

Come eseguire la diagnosi

Spesso il tumore carcinoide gastrointestinale viene scoperto per caso, mentre si eseguono accertamenti diagnostici per altri motivi. Altre volte viene sospettato sulla base dei sintomi della sindrome da carcinoide: esami del sangue e delle urine possono in questi casi rivelare aumentati livelli di ormoni o altre sostanze prodotte dal tumore, in particolare di cromogranina A (una proteina prodotta dai tumori endocrini in genere) e di acido 5idrossindolacetico (5IHAA, un derivato della serotonina che si ritrova nelle urine).

Per avere la conferma del sospetto diagnostico, l’individuazione dell’esatta localizzazione del tumore e le sue dimensioni, la verifica della sua diffusione ad altri organi e della sua possibile asportazione chirurgica, si eseguono generalmente i seguenti esami strumentali:

  • Tomografia Computerizzata (TC) dell’addome con tecnica trifasica: si acquisiscono immagini durante 3 differenti fasi di passaggio di mezzo di contrasto attraverso il fegato, allo scopo di ottenere informazioni più accurate sull’eventuale diffusione del tumore ai linfonodi o al fegato.
  • Risonanza magnetica (RM)
  • PET-TC (Tomografia ad Emissione di Positroni con fusione TC): ad oggi rappresenta una delle indagini più importanti per la diagnosi e la stadiazione dei tumori neuroendocrini, grazie allo sviluppo di radiofarmaci specifici per questo tipo di neoplasie. La PET-TC con FGD utilizza un radiofarmaco che si accumula nelle lesioni neoplastiche la cui caratteristica è un elevato metabolismo degli -zuccheri e quindi fornisce informazioni circa l’aggressività delle neoplasie. Nella PET-TC con Dopamina viene utilizzato un precursore di alcune sostanze secrete dalle neoplasie neuroendocrine e pertanto consente di identificare questi tumori per via del loro peculiare metabolismo. Nella PET-TC con Gallio-DOTA-peptide viene utilizzato un radiofarmaco capace di legarsi ai recettori per la somatostatina molto spesso presenti in abbondanza sulla superficie dei tumori neuroendocrini. Lo studio recettoriale di queste neoplasie non soltanto ne rende possibile l’identificazione ma anche la selezione per alcuni tipi di terapie che impiegano radiofarmaci analoghi della somatostatina.
  • Scintigrafia recettoriale: riesce ad individuare i tumori neuroendocrini grazie alla presenza dei recettori per la somatostatina. Ad oggi rappresenta un’indagine obsoleta nei centri ove sia disponibile la PET con Gallio-DOTA.
  • Metodiche di endoscopia: gastroscopia, econendoscopia e colonscopia possono essere utili per la visualizzazione di carcinoidi localizzati a livello di stomaco, duodeno, retto o colon.

È possibile arrivare ad una diagnosi definitiva asportando direttamente il tumore o, più comunemente, eseguendo delle biopsie (prelievi di tessuto da esaminare poi al microscopio) endoscopiche o utilizzando la tecnica dell’agobiopsia guidata da TC o da ecografia.

Trattamenti

Ci sono diverse possibilità terapeutiche per i soggetti colpiti da tumore neuroendocrino gastrointestinale, tra cui sono compresi: chirurgia, terapie loco-regionali, bioterapie, chemioterapia, trattamenti con radio farmaci (radiorecettoriali).

Chirurgia

Il trattamento di prima scelta è sempre rappresentato dall’asportazione chirurgica del tumore. I tumori localizzati (non estesi ad altri organi) possono essere asportati unitamente ad una porzione di tessuto sano circostante. A seconda della localizzazione del tumore ed alla sua estensione, può rendersi necessaria l’asportazione di porzioni più o meno estese dell’organo coinvolto e dei linfonodi circostanti. L’esecuzione di questi interventi può avvenire a volte per via laparoscopica: con l’approccio mini-invasivo si riesce a ridurre il dolore e la durata della degenza postoperatoria.

In alcuni casi non si riesce ad ottenere l’asportazione completa del tumore: può essere comunque indicata una rimozione parziale (debulking), ad esempio allo scopo di migliorare la sintomatologia.

Endoscopia

Talvolta l’asportazione può essere eseguita per via endoscopica in caso di tumore neuroendocrino ben differenziato di piccole dimensioni che sporge all’interno della cavità dello stomaco o dell’intestino.

Terapie loco-regionali a livello epatico

Quando i tumori neuroendocrini gastrointestinali (metastatici) si diffondono anche al fegato, si può eseguire (in alternativa o in associazione all’asportazione chirurgica) trattamenti locali quali embolizzazione o radiofrequenza. L’embolizzazione consiste nell’iniettare (utilizzando sottili cateteri) delle particelle all’interno dei vasi sanguigni del fegato, per bloccare il flusso sanguigno alla porzione di fegato dove è localizzato il tumore, togliendo così ad esso ossigeno e nutrienti. La radiofrequenza consiste nell’introdurre all’interno del fegato, sotto guida ecografica, sonde che generano calore e distruggono le metastasi.

Bioterapie

I pazienti per cui non è possibile rimuovere chirurgicamente il tumore possono essere sottoposti al trattamento con iniezioni mensili di un ormone sintetico analogo della somatostatina (octreotide o lanreotide). Con questa terapia si possono migliorare i sintomi e rallentare la crescita del tumore. Un’alternativa è rappresentata dall’utilizzo di interferone, una sostanza capace di aumentare la risposta immunitaria. Più recentemente hanno inoltre dimostrato la loro utilità due nuovi farmaci, il sunitinib e l’everolimus, che possono interferire selettivamente sui meccanismi che permettono al tumore di crescere e dare metastasi.

Chemioterapia

In genere viene impiegata nei casi in cui tutte le alternative terapeutiche sopra elencate sono state provate/valutate e non sono risultate efficaci.

Terapia radiometabolica

L’elevata densità di recettori per la somatostatina sulla superficie dei tumori neuroendocrini costituisce il presupposto per la terapia radiorecettoriale. Viene impiegato un farmaco analogo della somatostatina (dotato quindi di affinità per i recettori presenti in abbondanza sulle cellule tumorali) marcato da una porzione radioattiva (Ittrio o Lutezio). Il radiofarmaco, iniettato per via endovenosa, è dunque capace di riconoscere il proprio “bersaglio” grazie al legame dell’analogo della somatostatina ai recettori presenti sulle neoplasie. L’azione della porzione radioattiva, dunque, avviene in modo mirato, nei confronti cioè di quelle cellule tumorali su cui il radiofarmaco si è legato.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.