Concerti estivi: consigli per l’udito di adulti e bimbi

Come ogni anno, con l’arrivo dell’estate prendono il via i concerti e i grandi eventi nelle piazze e negli stadi, uno degli appuntamenti più importanti per poter ascoltare la musica dal vivo. Però, queste occasioni di svago e di distensione possono nascondere dei problemi, a volte anche seri, alle orecchie degli adulti e soprattutto dei bambini quando il volume della musica è eccessivamente alto o si è posizionati troppo vicino alle casse.

Ne abbiamo parlato con un’esperta, la dottoressa Antonia Ranieri, otorinolaringoiatra in Humanitas Medical Care Arese, Lainate e Busto Arsizio, che ha fornito degli utili consigli comportamentali per non rinunciare ad assistere ai concerti all’aperto insieme ai più piccoli, salvaguardando però l’udito.

Dottoressa, si può portare un bambino piccolo a un concerto?

“Innanzitutto, tengo a sottolineare che in Italia, contrariamente a molti altri Paesi europei in cui vige il divieto da 0 a 6 anni, non esistono restrizioni o indicazioni in base all’età e ai settori dove possono accedere i bambini per partecipare come pubblico a manifestazioni come i concerti. Basta acquistare il biglietto e chiunque può assistere ai live. Questo è il motivo per cui spesso i genitori non sanno come comportarsi e vengono assaliti dai dubbi quando devono decidere se sia bene portare con sé il bimbo piccolo in un ambiente affollato e con la musica ad alto volume”, spiega l’esperta.

Il consiglio della dottoressa è di evitare questa situazione se il bimbo è in età pediatrica, cioè se ha meno di sei anni, come è d’obbligo, appunto, all’estero.

Quali sono i fattori di maggior rischio?

“A parte i rischi legati all’ambiente, derivanti dal fatto che i piccoli vengono a trovarsi in un luogo sovraffollato, il grosso problema dei concerti è quello dei decibel, ossia le onde sonore a elevata intensità generate dalla musica ad alto volume, che, se superano una certa soglia, possono causare problematiche anche di una certa gravità alle orecchie, in particolare quelle dei bambini”, informa la dottoressa.

Per quanto riguarda l’emissione della musica negli stadi italiani esiste solo una normativa a livello comunale che vieta di superare gli 80 decibel. Nonostante l’imposizione di questa soglia, nei concerti rock si arrivano a superare anche i 100 decibel. “A misurazioni effettuate in un concerto a San Siro è emersa una risposta acustica di 103 decibel, mentre all’Arena di Verona è stata di 96, probabilmente perché in quel luogo c’è una maggiore dispersione”, riferisce la specialista.

Quali accorgimenti si possono adottare per limitare i danni all’udito?

Un utile accorgimento, che vale sia per i bambini sia per gli adulti, è di evitare di posizionarsi nel parterre, dove l’intensità e la potenza con cui la musica arriva alle orecchie è troppo forte, preferendo invece una zona laterale, dove i rumori sono più attutiti; altrettanto importante è tenersi lontano dalle casse acustiche e dagli amplificatori.

Il genitore deve poi tenere sempre sott’occhio il proprio bambino per cogliere un’eventuale stanchezza o nervosismo, che sono dei sintomi molto significativi.

Inoltre, bisogna assolutamente dotare i più piccoli di sistemi di protezione, facendo indossare loro delle cuffie specifiche che servono ad attutire il rumore, e non i tappi di spugna o di cera modellabile, consigliati invece agli adolescenti e agli adulti, che sono controindicati per via di problematiche uditive e patologie (otiti, tube delle orecchie ostruite ecc.) tipiche della loro età.

Infine, “è bene tener presente che i generi rock e hard rock non sono certo adatti ai più piccoli, non solo per l’intensità del suono, ma anche per i continui cambi di tono”, spiega l’otorinolaringoiatra.

Quali sono i disturbi provocati da un trauma acustico e quali i danni all’apparato uditivo?

I bambini in età pediatrica sono i più a rischio trauma acustico perché hanno un apparato uditivo ancora in fase di crescita e i sintomi a cui i genitori devono fare molta attenzione sono subito evidenti: stanchezza, irritabilità, nervosismo, dolore all’orecchio, pianto”, riferisce l’esperta.

Nell’adulto, dopo un trauma acustico dovuto alla prolungata esposizione a un forte rumore, si riscontrano principalmente  acufeni, cefalea, sensazione di stordimento, ovattamento. Naturalmente, “l’intensità del disturbo dipende dalla sensibilità di ogni soggetto. Anche le vibrazioni, il cambio di toni e il rumore di chi canta vicino possono creare un affaticamento e un danneggiamento delle cellule e dell’udito”, chiarisce la dottoressa.

I danni possono essere temporanei o permanenti. Un rumore di breve durata ma intenso può provocare un trauma alle cellule neurosensoriali dell’organo della coclea e la persona potrebbe avvertire un dolore improvviso o addirittura ipoacusia. Essere esposti a rumori prolungati, invece, con tonalità persistenti (come succede nei concerti) può causare un trauma cronico; questo succede più negli adulti che nei giovani, perché i primi possono avere già un problema uditivo per stress lavorativo o per situazioni di raffreddamento ecc.

“A lungo termine – prosegue l’esperta – soprattutto i soggetti che hanno una predisposizione per la concomitanza di altre patologie possono accusare altri sintomi molto seri come: persistenza degli acufeni, stress cardiocircolatorio, aumento dell’ipertensione, problemi al sistema nervoso centrale, acidità di stomaco, disturbi a livello respiratorio”.

Un rumore intenso e prolungato potrebbe causare la perforazione del timpano?

La conseguenza più grave che potrebbe verificarsi a carico dell’orecchio a seguito di un trauma acustico non è la perforazione del timpano vera e propria, ma una fessurazione della membrana timpanica. Sarà l’otorinolaringoiatra a valutarne l’ampiezza e a prescrivere il trattamento. “Nel caso in cui la membrana non dovesse rimarginarsi entro una settimana circa si dovrà ricorrere alla chirurgia (miringoplastica)”, specifica la specialista.  

Che cosa fare se dopo una serata al concerto persistono i disturbi?

“Il giorno dopo aver assistito a un concerto, soprattutto di musica rock, in presenza di un forte disturbo alle orecchie sarebbe bene recarsi dall’otorinolaringoiatra che valuterà se durante la notte ci sia stato il recupero fisiologico (che richiede otto ore di riposo) oppure sia verificato un danno acustico”, avverte la dottoressa.

Nel secondo caso, lo specialista prescriverà cure farmacologiche (antibiotico, antinfiammatorio), alimentari (assunzione di melatonina per favorire il sonno, di zinco per alleviare la percezione del ronzio, fischio o tinnito nelle orecchie) e consiglierà il riposo acustico (silenzio musicale e, soprattutto, non ascolto di musica in cuffia).

L’esposizione della futura mamma a rumori eccessivi potrebbe influenzare negativamente l’udito del nascituro?

“Numerosi studi evidenziano che la maturazione anatomica e funzionale dell’orecchio comincia già a otto settimane e, a partire dal sesto mese, il feto reagisce agli stimoli sonori”, spiega la dottoressa.

È molto importante, quindi, che le donne in gravidanza sappiano che il feto, anche se è protetto dai suoni provenienti dall’esterno dall’utero, dal liquido amniotico e dalla pelle della mamma, “tuttavia non è completamente al riparo dai decibel elevati e, quindi, alla nascita l’udito del bebè potrebbe avere dei disturbi”, sottolinea la specialista.

Inoltre – prosegue – si è visto tramite l’ecografia e altre strumentazioni che il feto reagisce in modo differente al tipo di musica ascoltata dalla mamma: con Vivaldi e Mozart si tranquillizza, mentre con Beethoven, per esempio, si agita.

Di quali strumentazioni si avvale l’otorinolaringoiatra per diagnosticare i problemi all’orecchio?

“All’ambulatorio di Humanitas Medical Care Arese, oltre alla nuovissima strumentazione di base per diagnosticare le ipoacusie, valutiamo l’udito dei bambini dai due anni in su attraverso i test di audiometria comportamentale, indagine offerta attualmente da pochissimi ospedali”, conclude la dottoressa Ranieri.

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