Cosa vuol dire avere il “buco al cuore”?

Definito comunemente “buco al cuore”, il forame ovale pervio, è un’anomalia congenita del cuore caratterizzata da un tunnel che mette in comunicazione l’atrio destro con l’atrio sinistro. È presente in circa il 25% della popolazione e nella maggior parte dei casi non dà problemi, tanto da essere spesso considerata più una variante anatomica che una vera e propria patologia.

Ce ne parla il dott. Damiano Regazzoli Lancini, cardiologo presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care Premuda a Milano e Cardiologo Interventista in Humanitas.

Perché è così comune il forame ovale pervio?

La presenza di forame ovale pervio durante la vita adulta è legata ad una mancata saldatura tra i due foglietti che costituiscono il setto interatriale, la struttura che separa l’atrio di destra dall’atrio di sinistra, i quali sono in comunicazione durante la vita fetale. Sebbene non sia chiaro il motivo per cui in alcune persone tale saldatura sia parziale o mancante, tale condizione rappresenta un residuo di ciò che era la normale anatomia del cuore durante la vita fetale.

Il forame ovale pervio dà sintomi?

Questa condizione generalmente non dà sintomi. Tuttavia, è talora associata ad eventi ischemici cerebrali che si presentano senza una causa, specie nelle persone giovani. Sembra inoltre essere presente una associazione stretta, anche se non direttamente causale, tra forame ovale pervio e emicrania.

Quando il forame ovale pervio è pericoloso?

Caratteristiche che si associano con un maggior rischio di eventi avversi in presenza di forame ovale pervio sono la presenza di aneurisma del setto interatriale e di uno  shunt di entità moderato-severa. Inoltre, le condizioni che predispongono allo sviluppo di trombosi venosa, come l’immobilità prolungata, un recente intervento di chirurgia maggiore o un lungo viaggio in aereo possono esporre ad un aumentato rischio di embolia, anche attraverso il forame ovale.

Come può essere diagnosticato il forame ovale pervio?

La diagnosi viene fatta attraverso una procedura chiamata bubble test: viene iniettato un bolo di soluzione fisiologica mista a sangue in una vena che provoca un effetto bollicine. Successivamente, tramite un’ecocardiografia o il doppler transcranico, viene ricercata la presenza di uno shunt, ossia un passaggio di bollicine tra le due camere cardiache. Normalmente, non essendoci una comunicazione, le bollicine sono visualizzabili solamente nelle sezioni destre del cuore; l’evidenza di un passaggio di bollicine da un atrio all’altro, confermano la presenza di forame ovale pervio.

La diagnosi definitiva è possibile con l’ecocardiogramma transesofageo, che è un esame ancora più accurato e che viene effettuato in genere soltanto in vista di un’eventuale occlusione percutanea del forame ovale.

Come può essere trattato il forame ovale pervio?

Le strategie del trattamento comprendono una terapia farmacologica (un farmaco antitrombotico inibisce la funzionalità piastrinica o la cascata della coagulazione), o la chiusura percutanea del forame ovale pervio: una procedura mininvasiva che si effettua posizionando un dispositivo simile ad un ombrellino all’interno del forame ovale pervio, tramite un accesso venoso femorale, chiudendo la comunicazione tra i due atri e prevenendo recidive di ictus ed embolie periferiche. Da segnalare inoltre la possibilità, riservata ad anatomie favorevoli, di poter occludere il forame ovale con un piccolo punto di sutura, sempre in modo mini invasivo, tale da non lasciare alcun dispositivo metallico a livello del cuore.

Quando è consigliabile l’intervento percutaneo?

L’intervento di chiusura percutanea del forame ovale pervio è da considerare nei pazienti tra i 18 ed i 65 anni dopo un evento di embolia sistemica, TIA o ictus in cui siano state escluse altre possibili cause e ci si aspetti un beneficio dalla procedura. Pazienti di età inferiore ai 18 anni o superiore ai 65 anni possono essere valutati, caso per caso, e candidati alla procedura. Può inoltre essere valutata, caso per caso, la chiusura del forame ovale pervio nei pazienti con emicrania resistente alla terapia medica massimale.

Cosa succede se non si chiude il forame ovale?

La mancata chiusura di un forame ovale pervio, in pazienti già sintomatici per pregressi eventi ischemici cerebrali, comporta un rischio di ricorrenza di ictus tra lo 0,5% ed il 5.8% per anno e di TIA tra lo 0,5% ed il 14% per anno, sebbene queste percentuali possono essere sovrastimate da altre cause non legate al forame stesso.

Quali rischi corre chi vive con il forame ovale pervio?

I rischi principali dei pazienti che vivono con il forame ovale pervio sono legati ad eventi ischemici, cerebrali e sistemici, legati al passaggio di piccoli emboli dalle camere cardiache destre a quelle sinistre, oltre che ad un possibile aumento di aritmie sopraventricolari.

È possibile praticare attività sportiva con il forame ovale pervio?

La presenza di forame ovale pervio non controindica l’attività sportiva, fatta eccezione per l’attività subacquea con autorespiratori ed il volo acrobatico; l’idoneità per tali sport è concessa secondo linee guida COCIS dopo 6 mesi dalla chiusura del forame stesso e la sospensione della terapia antiaggregante.  

Specialista in Malattie dell'Apparato Cardiovascolare
Dott. Damiano Regazzoli Lancini
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