Depressione post COVID, quando ricorrere a uno psicologo?

La pandemia di COVID-19 ci ha messo a dura prova, sia fisicamente che psicologicamente. In solo qualche mese il nostro stile di vita ha subito un cambiamento drastico che ci ha costretto a rivedere tutte le nostre priorità, che ci ha spinto ad allontanarci dalle persone e ad avere persino timore del contatto fisico con loro.

Il tempo trascorso a casa poi, soprattutto per chi vive da solo, è ed è stato duro da sopportare. Chi ha iniziato a fare smart working ne ha risentito ancora di più.

In tanti hanno subito un forte disagio che con il passare del tempo ha portato ad un vero e proprio malessere fisico. È in una situazione come questa che può essere d’aiuto la figura di uno psicologo. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Pamela Franchi, psicologa di Humanitas Medical Care, per fare chiarezza sul modo in cui questa figura può aiutarci.

Qual è il ruolo dello psicologo?

“Lo psicologo non è un guaritore, che possiede rimedi miracolosi, o un mago, che sa leggere nel pensiero, o una persona dotata di particolari poteri. È un professionista che ascolta, non giudica, ma che, conoscendo i meccanismi della mente, aiuta la persona in difficoltà ad avere una visione differente del proprio problema”, spiega la dottoressa Franchi.

“Grazie a una nuova consapevolezza, il paziente saprà gestire la situazione e arrivare al cambiamento che lo farà stare meglio. In altre parole, la terapia dello psicologo porterà la persona a migliorare la conoscenza di sé stesso e a rapportarsi con consapevolezza e oggettività con la situazione che sta vivendo.

 Le domande che lo psicologo pone non sono finalizzate alla risposta in sé, ma a stimolare il paziente a riflettere e a riconoscere le incongruenze dei suoi pensieri. È quindi fondamentale, per l’efficacia della terapia, la collaborazione del paziente, ossia la sua partecipazione attiva, poiché l’accettazione passiva ne potrebbe impedire la riuscita”.

Chi va dallo psicologo non è un ‘matto’

In tanti hanno paura a rivolgersi ad uno psicologo perché in qualche modo si sentono ‘matti’ ma chiedere aiuto ad uno specialista non è un segno di pazzia. Chiedere aiuto significa avere la consapevolezza che non tutti i problemi si possono risolvere da soli. Per questo è importante sfatare alcuni luoghi comuni, come questi:

  •    chiedere aiuto è un segno di debolezza;
  •    temo di non sentirmi più indipendente;
  •    uno sconosciuto non può risolvere i miei problemi personali;
  •    non sono matto;
  •    mi vergogno, mi imbarazzo;
  •    non ho tempo di andare dallo psicologo;
  •    occorrono anni prima di vedere dei risultati;
  •    costa troppo;
  •    i farmaci costano poco e i risultati sono immediati.

Perchè chiedere aiuto?

Le situazioni per le quali è importante l’intervento dello psicologo, soprattutto per evitare che possano peggiorare o diventare incontrollabili, con conseguenze anche molto gravi, sono infinite e talvolta impensate. Eccone alcune a titolo esemplificativo:

  •     superare sentimenti di vario genere, come tristezza, ansia, insoddisfazione, incomprensione, inadeguatezza, depressione, paura, rabbia, negatività e quant’altro;
  •     imparare a gestire con serenità le preoccupazioni e lo stress;
  •     saper affrontare un cambiamento importante della propria vita, per esempio il matrimonio, la separazione, i figli, il lavoro, la menopausa ecc.;
  •     accettare la diagnosi di una grave malattia;
  •     superare un lutto;
  •     accettare la fine di una relazione;
  •     difficoltà a relazionarsi con gli altri, in famiglia, nell’ambito lavorativo, nella relazione di coppia;
  •     superare un malessere, a volte inconscio, che crea difficoltà di concentrazione e insonnia;
  •     incapacità di controllare le proprie emozioni e reazioni;
  •     superare le situazioni che creano disagio;
  •     disturbi alimentari e psicosomatici;
  •     problemi irrisolti dopo aver chiesto aiuto a familiari e amici;
  •     dipendenza da fumo, alcol e droga;
  •     allontanare il pensiero del suicidio.

Farmaci sì o no?

“Sicuramente i farmaci rappresentano un valido aiuto per superare alcune situazioni difficili”, ci spiega la dottoressa. “Ma, spesso”, continua, “la terapia farmacologica, soprattutto se protratta nel tempo, nasconde il problema, risolvendolo solo temporaneamente. Ecco perché, per risolverlo in maniera definitiva, occorre la terapia psicologica di supporto”.

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