Disturbi del linguaggio, quando preoccuparsi?

Perché il mio bambino non parla ancora? Perché non riesce a formulare una frase? Il disturbo o il ritardo del linguaggio sono un grattacapo per ogni genitore. Ma quando è davvero necessario preoccuparsi?

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Martina Migliorati, logopedista presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Arese.

Che cosa si intende per disturbo del linguaggio? 

Con il termine disturbo di linguaggio si intende un insieme di problematiche e difficoltà legate allo sviluppo del linguaggio che possono interessare i bambini nella prima infanzia. Le difficoltà possono riguardare sia gli aspetti di comprensione del parlato sia aspetti legati alla produzione e alla composizione delle parole e delle frasi. 

A che età bisogna preoccuparsi e quali sono i campanelli di allarme? 

Lo sviluppo del linguaggio nei bambini presenta una grande variabilità e per questo motivo non è raro che segni precoci di difficoltà linguistiche vengano confusi con una semplice “pigrizia”. Ogni bambino ha uno sviluppo diverso, per cui non esiste un’età “migliore” o più adatta per far valutare il bambino, ma è molto importante riconoscere eventuali primi segnali di difficoltà nell’evoluzione del linguaggio, anche da piccolini, per intervenire precocemente ed evitare l’insorgere di maggiori problematiche nel futuro; ad esempio, assenza di lallazione e scarso utilizzo dei gesti a 12 mesi possono essere primi avvertimenti di un problema o ritardo nella comunicazione.

Altri importanti “campanelli di allarme” da osservare sono:

  • Lento incremento del vocabolario e delle parole prodotte dal bambino (un incremento di meno di 10 nuove parole apprese al mese a 18 mesi);
  • Vocabolario ridotto a meno di 50 parole prodotte a 24 mesi;
  • Combinatorie assenti dopo i 24 mesi (es: bambino non combina due parole assieme, per esempio: “mamma palla” per “mamma voglio la palla”);
  • Attenzione al livello di comprensione, per cui prestare attenzione se il bambino si gira quando viene chiamato per nome, se dà segno di capire ed eseguire ordini semplici (prendi la macchinina, guarda il cane) e comprende le parole più usate nel quotidiano.

Se presenti uno o più di questi campanelli, occorre rivolgersi il prima possibile ad uno specialista.

È vero che i maschi sono più ‘lenti’?

È vero! La letteratura scientifica e le ultime ricerche hanno evidenziato che i maschi hanno più probabilità di sviluppare un disturbo di linguaggio rispetto alle femmine, con un rapporto di 2,8:1 per i maschi. Questo può, in parte, spiegare anche perché si ritiene che i maschi siano più lenti nell’apprendere il linguaggio, rispetto alle femmine; probabilmente questa lentezza o “pigrizia”, a volte, cela un disturbo o un ritardo di acquisizione del linguaggio. Ovviamente, oltre al genere, entrano in gioco altre variabili, come la familiarità a disturbi di linguaggio e/o di apprendimento, predisposizione genetica e fattori ambientali e socio-culturali, tutti elementi che vengono analizzati per la corretta formulazione di una diagnosi.

Come si fa la diagnosi?

Quando ci si accorge che il bambino inizia ad avere delle difficoltà su uno o più aspetti legati al linguaggio, è bene richiedere una valutazione specialistica e multidisciplinare. Solitamente, infatti, per giungere a una diagnosi di disturbo del linguaggio ci si avvale delle valutazioni di più figure professionali.

Il neuropsichiatra infantile è la figura medica a cui ci si rivolge per effettuare una valutazione globale del bambino, per escludere problematiche di altra natura che possono sottendere le difficoltà comunicativo-linguistiche presenti. Anche il foniatra può essere coinvolto, nel caso di difficoltà nella sola articolazione delle parole.

Il logopedista risulta essere la figura riabilitativa di riferimento per la valutazione e il trattamento dei disturbi di linguaggio. La valutazione logopedica si effettua somministrando test standardizzati, utili nell’indagare e analizzare tutti gli aspetti del linguaggio, tra cui la capacità e il livello di comprensione, le caratteristiche del linguaggio espressivo del bambino (es: Quante parole produce? Come vengono prodotte? Com’è la strutturazione della frase?) e anche i prerequisiti per gli apprendimenti nei bambini all’ultimo anno della scuola materna. Oltre ai test, la valutazione logopedica si avvale anche di iniziali colloqui con i genitori, molto utili per conoscere come il bambino comunica e si comporta nella vita quotidiana.   

Come si trattano i disturbi del linguaggio?

Una volta individuate le abilità che emergono deficitarie dalla valutazione, il logopedista interviene proponendo attività ed esercizi in contesto ludico, per essere il più coinvolgente e motivante possibile nei confronti del bambino.

A seconda delle difficoltà presentate, possono essere effettuati esercizi prassici-articolatori (una sorta di ginnastica della lingua, delle labbra e delle guance) per favorire l’impostazione dei suoni mancanti o prodotti con distorsioni o sostituzioni; oppure attività ludiche come tomboline lessicali, lettura condivisa di storie e libretti, utili nell’incrementare il vocabolario del bambino; possono essere proposte attività e giochi volti a migliorare la strutturazione della frase e delle abilità narrative, come la creazione di storie con personaggi di fantasia. A volte il logopedista può avvalersi anche di materiale multimediale, come software e giochi da poter svolgere a computer (con bambini più grandi) per rendere il trattamento ancora più vario.

Il lavoro che viene impostato dal logopedista dovrà poi essere riproposto e svolto anche a casa, con il supporto dei genitori. La collaborazione della famiglia è un aspetto di fondamentale importanza perché permette di dare continuità e maggiore efficacia al trattamento e consente al bambino di raggiungere risultati migliori. 

Logopedista
Dr.ssa Martina Migliorati
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