Inquinamento acustico sul posto di lavoro

Il rumore può rappresentare un problema negli ambienti di lavoro (ufficio, fabbrica, cantiere ecc.) ed essere dannoso per la salute. L’esposizione eccessiva e prolungata a forti rumori con il tempo non solo danneggia l’udito ma può provocare anche molti altri disturbi, quali mal di testa, aumento della pressione sanguigna, vertigini, perdita del sonno, stress e altri ancora.

Abbiamo chiesto al dottor Stefano Miceli, specialista dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria in Humanitas, guidata dal dottor Arturo Poletti, quale sia la soglia di tollerabilità dell’inquinamento acustico e che cosa fare per evitare che l’ambiente di lavoro sia troppo rumoroso.

Perché il rumore eccessivo danneggia l’udito?

“L’ipoacusia (la riduzione delle capacità uditive) da rumore è legata all’effetto lesivo che suoni e rumori di elevata intensità hanno sull’epitelio neurosensoriale dell’organo del Corti, situato nella coclea (orecchio interno), dove avviene la trasformazione del suono in impulsi nervosi che vengono inviati alle aree uditive dell’encefalo”, spiega il dottore.

Qual è l’entità del danno acustico da rumore?

Vi è la cosiddetta “ipoacusia da trauma acustico” che è connessa a rumori brevi e intensi, come per esempio esplosioni, esposizione a musica amplificata a elevato volume. Essa è spesso monolaterale e si manifesta con una sensazione di stordimento o di ovattamento auricolare. “Questi sintomi possono regredire nel giro di qualche ora o essere irreversibili quando l’energia acustica produce una lesione organica dell’epitelio neurosensoriale nell’orecchio interno”, specifica l’esperto.

Invece la “ipoacusia da trauma acustico cronico” – dovuta all’esposizione a un’alta intensità di rumore per molte ore al giorno e prolungata nel tempo – è in genere bilaterale e simmetrica ed è legata all’insorgenza di fenomeni degenerativi irreversibili a carico delle cellule cigliate esterne presenti nell’orecchio interno. “La sintomatologia iniziale è caratterizzata da acufeni, per lo più di alta tonalità, e con il passare degli anni compare una difficoltà a percepire i rumori più acuti (per esempio, ticchettio dell’orologio, campanelli), infine si manifesta la difficoltà a distinguere la voce di conversazione, specie in ambienti rumorosi o in condizioni di ascolto multiplo”, prosegue il dottor Miceli.

Qual è la soglia tollerabile delle immissioni rumorose?

Nell’ambiente il rumore viene misurato con uno strumento chiamato fonometro. La sensibilità ai rumori varia da persona a persona, ma esiste una soglia di tolleranza valida per tutti (superata la quale i rischi per l’udito sono maggiori) stabilita intorno agli 80 decibel, anche se l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda di stare al di sotto dei 65 decibel di giorno e dei 55 di notte.

Quali sono i fattori che influiscono sul danno uditivo?

“La frequenza del rumore che è causa del danno (i rumori compresi tra 2 e 3 KHz sono i più dannosi), la sua intensità, il tempo di esposizione, ma, soprattutto, la suscettibilità individuale (le donne, per esempio, sembrano essere più resistenti all’azione lesiva del rumore)”, risponde lo specialista. Alcune professioni comportano un maggior rischio di perdita uditiva, come lavorare in miniera, nelle cave (detonazioni, trivellazioni) o nell’industria pesante, costruire tunnel, guidare macchinari mossi da motori potenti (camion, veicoli di cantiere) e così via.

Che cosa si può fare per evitare i danni uditivi da rumore?

“Poiché questi tipi di danni sono irreversibili e non trattabili, la prevenzione riveste un’importanza fondamentale”, afferma l’esperto. Essa si basa sulla riduzione della rumorosità della fonte, sulla modifica dell’ambiente in cui si diffonde il rumore, sulla minore esposizione della persona a quest’ultimo, o sull’adozione dei cosiddetti protettori acustici (per esempio inserti auricolari e cuffie).

Si possono individuare le persone a rischio?

“Attualmente nessun test è in grado di identificare chi è particolarmente suscettibile al danno da rumore, per cui l’unica cosa da fare a tutela delle persone esposte è quella di effettuare controlli audiometrici ravvicinati, in modo da scoprire i primi segnali di un possibile trauma acustico cronico e attuare tutti i mezzi di prevenzione”, conclude Miceli.

 

 

 

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