Otite cronica, la sua origine è nella prima età, importante diagnosticarla e curarla fin dall’età evolutiva

Statisticamente, il 30-40% dei pazienti che si recano da un otoiatra, lo specialista che cura le malattie dell’orecchio, ha un problema legato all’udito.

La particolarità è che i più colpiti sono gli “estremi”, i piccoli e gli anziani: da una parte ci sono i bambini tra i 3 e i 6 anni, tra cui almeno la metà soffre di problemi uditivi, e dall’altra le persone con più di 70 anni, destinate tutte, anche se con modalità differenti, a perdere l’udito per un naturale invecchiamento dell’apparato.

Tra le patologie che più incidono sulla struttura e sul funzionamento dell’orecchio c’è l’otite cronica, di cui parliamo con il dottor Roberto Pareschi, medico specialista in Otorinolaringoiatria e chirurgo cervico-facciale che svolge la sua attività presso Humanitas Castelli e presso Humanitas Medical Care a Bergamo.

Dottor Pareschi, come e quando si sviluppa l’otite cronica?

«L’esordio di questa patologia è in genere molto precoce. La maggior parte delle otiti croniche nasce da problemi infantili, collegabili proprio alla prima età, sotto i 6 anni, quando a causa di una naturale predisposizione a episodi infiammatori delle prime vie aeree si sviluppano patologie di tipo “catarrale” che in genere si risolvono da sole, senza bisogno di alcun intervento medico, ma che nel 10% dei casi, quando non vengono riconosciute e non sono adeguatamente tenute sotto controllo, sono destinate a trasformarsi nel tempo in otiti croniche».

Quali sono i danni provocati dall’otite cronica?

«Le varie tipologie di otiti croniche – che possono essere monolaterali o bilaterali e, cioè colpire uno solo o tutti e due gli orecchi – provocano infezioni e danni più o meno rilevanti a carico dell’apparato uditivo, essenzialmente della membrana timpanica e degli ossicini».

Quali sono i sintomi dell’otite cronica?

«L’otite cronica ha due sintomi principali: la sordità e la presenza di episodi di fuoriuscita di pus, la cosiddetta otorrea, provocati dalla presenza dell’infezione. Il tutto accompagnato, a volte, da otalgia, cioè da dolore all’orecchio. In presenza di questi sintomi il paziente deve affrontare alcune evidenti limitazioni al proprio stile di vita. Non può ad esempio mettere il proprio orecchio, o le proprie orecchie, a contatto con l’acqua, perché l’entrata del liquido nell’orecchio favorisce l’ingresso di germi e l’acuirsi dell’infezione e quindi anche dei sintomi. Quindi niente bagni in mare o in piscina, ma anche niente docce se non con le dovute protezioni».

Quando e come può essere curata un’otite cronica?

«L’ideale è accorgersi dell’infezione quando il paziente è ancora bambino. Come cura iniziale si può procedere con lavaggi e gocce che sono utili a eliminare lo spurgo di pus, ma che non sono in grado di incidere sulla sordità e soprattutto non sono in grado di eliminare l’anomalia, per cui questa è destinata a portare a una recidiva. Se si vogliono ripristinare la normalità anatomica e quella uditiva bisogna pertanto ricorrere a un intervento chirurgico, che può essere eseguito su pazienti di tutte le età in day hospital, negli adulti anche in anestesia locale».

Qual è l’obiettivo dell’intervento chirurgico sull’otite cronica?

«Il compito della chirurgia, in questo caso si parla di cofochirurgia, è quello di procedere a una ricostruzione plastica delle parti danneggiate dalla patologia, in particolare della membrana timpanica. La qualità del risultato dipende molto dalla precocità dell’intervento. Prima si riesce a operare, più facile sarà risolvere i problemi di infezione e anatomici oltre che, in percentuale molto elevata, quelli legati all’udito».

Quali sono le probabilità di successo di questo intervento?

«L’obiettivo di eliminazione delle infezioni viene raggiunto nella totalità dei casi. Quello del recupero dell’udito, invece, non può essere raggiunto al 100% perché dipende dalla gravità dell’otite cronica e dal suo grado di avanzamento. In linea di massima si può dire che i pazienti tornino a sentire a un livello accettabile nei 2/3 dei casi, senza che vi sia un ulteriore bisogno di protesi acustiche. Ma perché questo succeda è importante che queste patologie siano intercettate e curate, se presenti, fin dall’età evolutiva attraverso regolari visite otoiatriche e attente valutazioni dell’udito».

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