Sale e malattie autoimmuni: un binomio pericoloso

Alcuni istituti di ricerca americani hanno confermato che esiste una correlazione tra il sale e le malattie autoimmuni. Pare che il consumo di sale possa favorire l’insorgenza e il peggioramento di queste patologie.

I ricercatori hanno scoperto, attraverso dei test, che aggiungendo sale a una dieta alimentare si stimolava la produzione di un sottotipo di cellule T, le Th17, già in precedenza associate alle malattie autoimmuni.

Abbiamo chiesto chiarimenti al professor Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas e docente all’Università degli Studi di Milano.

Quale ruolo svolgono le cellule Th17?

Di recente è stato scoperto l’effettivo ruolo delle cellule Th17. Prima si pensava che tutti i linfociti, appena fossero attivati, diventassero o cellule di tipo 1, maggiormente coinvolte nello sviluppo dell’autoimmunità, o cellule di tipo 2. “Questo paradigma è stato superato”, spiega il professore. “I linfociti hanno diversi destini, è come se fossero cellule ‘disoccupate’ che diventano poi ‘lavoratrici specializzate’”.

Che relazione esiste tra queste cellule e le malattie autoimmuni?

“Le cellule Th17 producono l’interleuchina 17 e sono controllate dall’interleuchina 23. È stato dimostrato che entrambe queste proteine giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle infiammazioni croniche, come le diverse forme in cui si manifesta la psoriasi (ad esempio l’artrite psoriasica, una malattia fortemente invalidante perché può essere causa di disabilità) e l’artrite reumatoide”, spiega il dottor Selmi.

Per questo motivo, “queste interleuchine – prosegue il professore – sono diventate un bersaglio di farmaci in fase avanzata di sviluppo che, rispetto ai farmaci biologici già disponibili, si stanno rivelando più efficaci nel trattamento dell’artrite psoriasica”.

Che correlazione c’è tra il sale e le malattie autoimmuni?

“In primo luogo – spiega il professore – la ricerca conferma la correlazione tra metabolismo e infiammazioni, già nota e documentata. Basti pensare alle persone in sovrappeso o diabetiche che hanno uno stato infiammatorio sottotraccia costante che ne spiega il rischio cardiovascolare. Lo studio ci offre pertanto un motivo in più per consumare meno sale: questo aumenta il rischio di malattie autoimmuni e aggrava le condizioni di salute in chi già ne soffre”.

L’interazione tra geni e fattori ambientali può spiegare lo sviluppo delle malattie autoimmuni?

“Certamente”, afferma il professor Selmi. E aggiunge: “L’ambiente può interviene su pazienti geneticamente predisposti. Questo studio ha dimostrato che la concentrazione di sale, un chiaro “fattore ambientale”, cambia la produzione di interleuchina 23. Un altro importante studio ha invece evidenziato come, rispetto al solo fumo di sigaretta (che è un fattore di rischio certo per molte malattie autoimmuni), il consumo di sale fa raddoppiare la probabilità di sviluppare l’artrite reumatoide nei fumatori”.

Per comprendere l’interazione tra geni e ambiente, l’esempio più calzante è quello dei gemelli. “In due gemelli identici, se uno ha già sviluppato, ad esempio, una forma di artrite reumatoide, nell’altro c’è solo il 30% di probabilità di svilupparla. Sul restante 70% potrebbe pesare proprio l’ambiente”, conclude il medico.

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