Sport invernali, le persone con protesi articolari dovrebbero evitare quelli più pericolosi

La stagione degli sport invernali è alle porte ed è ora di cominciare a pensare alla preparazione per attività che richiedono sforzi e prestazioni specifiche, alle quali è doveroso approcciarsi con la dovuta attenzione.

Le attività sportive proprie dell’inverno sono infatti particolari, perché hanno in genere la neve o il ghiaccio come protagonisti, condizioni che possono risultare pericolose nei casi in cui non ci sia la dovuta perizia e la richiesta preparazione atletica.

Sono talmente particolari, le discipline sportive invernali, da non essere del tutto consigliate a chi ha subito, in passato, un intervento di protesi alle articolazioni principali: anca, ginocchio e spalla.

Ne parliamo con il dottor Luca Luciano, chirurgo ortopedico che svolge la sua attività in Humanitas Gavazzeni a Bergamo e negli ambulatori dei Medical Care di Almè e di Trezzo sull’Adda.

Dottor Luciano, quali sono le condizioni cliniche che richiedono il posizionamento di una protesi articolare?

«Possono essere le più disparate. Tra tutte l’artrosi è sicuramente la patologia principale e colpisce le persone abbastanza avanti con gli anni, nella maggior parte dei casi con età oltre i 60. Una forma di artrosi precoce, può svilupparsi in seguito a traumi articolari di una certa importanza e può coinvolgere soggetti più giovani».

Si possono praticare sport invernali dopo un intervento di protesi articolare?

«Dipende da tre fattori principali: l’età, quanto si era attivi prima dell’intervento chirurgico e il tipo di articolazione sostituita. Partiamo dall’età: quando un paziente è abbastanza avanti con gli anni, oppure nelle donne dopo la menopausa, il corpo perde in modo spontaneo la massa muscolare e la qualità ossea si abbassa (osteoporosi) predisponendo il soggetto a un rischio maggiore di procurarsi fratture anche in seguito a traumi di piccola entità. Inoltre, con l’età il nostro organismo perde le normali capacità di rigenerazione tissutale, ben presenti in età giovanile, e questo comporta un allungamento dei tempi di guarigione in seguito a un trauma. È importante dunque tenere sempre presenti i tempi di recupero necessari per tornare alla normalità. In condizioni normali prima di tornare a sciare, se proprio lo si deve fare, è meglio lasciar trascorrere almeno 5-6 mesi in caso di protesi all’anca o al ginocchio. Ma questi tempi, bisogna sottolinearlo, sono del tutto soggettivi, variano da persona a persona e tendono ad allungarsi, appunto, in caso di età avanzata».

Il secondo fattore riguarda lo stato di forma pre-intervento…

«È molto importante fare riferimento a quanto si era attivi prima dell’intervento di protesi. Diversi studi affermano che una percentuale che si aggira intorno al 60%, di persone che si sono sottoposte a interventi di protesi articolare, è in grado di tornare a praticare gli sport svolti prima dell’intervento chirurgico. Questo vale per tutte le protesi articolari. Al contrario, chi non praticava quel tipo di sport – ad esempio sci o pattinaggio – prima di sostituire l’articolazione, difficilmente potrà pensare di cominciare a praticarli dopo, non avendo un “trascorso” alle spalle in grado di aiutarlo nel recupero. È un dato di fatto che un soggetto muscolarmente preparato sia in grado di recuperare molto più velocemente rispetto a una persona poco allenata».

Infine, il terzo fattore riguarda il tipo di articolazione interessata. Quali sono le differenze?

«Ricordando sempre che i tempi di recupero sono soggettivi, variano cioè da persona a persona, è chiaro che l’aver subito un intervento di sostituzione parziale del ginocchio, ad esempio, richiede un minor tempo di recupero rispetto a un paziente sottoposto a intervento di sostituzione totale della stessa articolazione. È anche vero che l’anca, presentando dei gradi di libertà di movimento molto più ampi rispetto al ginocchio, presenterà un rischio di lussazione il quale è praticamente assente nel ginocchio. Bisogna anche dire, però, che le nuove tecniche di intervento dette “mini-invasive” – che prevedono un risparmio quasi totale di tutte le strutture nobili periarticolari – hanno contribuito ad accorciare ulteriormente i tempi di recupero e abbattuto i rischi di lussazione articolare ai minimi termini».

Gli sportivi che praticano discipline invernali in modo agonistico possono sperare di tornare a gareggiare ad alto livello?

«Sì, come ho accennato prima, con la dovuta riabilitazione e preparazione le abilità possono essere recuperate. Nel caso di protesi all’anca si può tornare al 100%, mentre un po’ più bassa è la percentuale che riguarda il ginocchio. Bisogna però sempre ricordare che essendoci un corpo estraneo – la protesi – le probabilità di infortunio sono molto più alte. Soprattutto, c’è il rischio di incorrere in fratture peri-protesiche: l’osso che si trova attorno alla protesi corre un rischio maggiore di fratturarsi rispetto alla stessa porzione di osso della persona senza protesi».

E le persone “normali”, gli sportivi non agonisti, come si devono riapprocciare agli sport invernali dopo essersi sottoposte a un intervento di sostituzione articolare?

«In generale a tali pazienti viene sconsigliata la pratica degli sport considerati più ad alto impatto come lo sci, lo snowboard e il pattinaggio. Soprattutto perché in genere a sottoporsi a interventi di protesi sono persone che denunciano una fragilità ossea, come le persone anziane o che hanno comunque una forza, una flessibilità e un’estensibilità muscolare molto inferiore a quella di un soggetto giovane o che pratica sport ad alto livello. Questi sport sono da annoverare tra i più pericolosi per le articolazioni quando queste sono sane, figuriamoci quando si è in presenza di una protesi…».

Di buono c’è il fatto che le nuove tecniche di intervento consentono di raggiungere risultati sempre più soddisfacenti. Con quali vantaggi per i pazienti?

«Oggi è possibile effettuare interventi con approcci sempre meno invasivi e sempre più sicuri, utilizzando materiali sempre più performanti e sempre meno soggetti a usura. Per il paziente questo si traduce in un minor impatto sul proprio corpo – con la quasi totale assenza di cicatrici dovute all’intervento –, in recuperi più veloci e sicuri, in una migliore integrazione osso/protesi con grandi vantaggi dal punto di vista della qualità della vita post-intervento».

In definitiva, dottor Luciano, che cosa bisogna fare se si vogliono praticare sport inverali pur essendo portatori di una protesi articolare?

«Il primo consiglio sarebbe quello di cambiare sport e dedicarsi a discipline meno pericolose e meno a rischio di traumi. Se però non se ne può fare a meno, è fondamentale avere una buona preparazione atletica oltre che una buona conoscenza di quelli che potrebbero essere i gesti pericolosi, in modo da evitarli. È necessario, inoltre, riavvicinarsi allo sport in modo graduale ed equipaggiarsi nel giusto modo utilizzando le protezioni suggerite dal medico. Per quanto riguarda sci e snowboard, meglio evitare le piste pericolose e valutare le condizioni meteorologiche prima di mettersi in pista, evitare i lastroni di ghiaccio e la neve troppo sciolta che può provocare un blocco improvviso dello sci o della tavola. Insomma, bisogna avere l’accortezza di evitare tutte quelle condizioni che possono provocare cadute e conseguenti traumi».

È il caso anche di chiedere prima un consiglio medico?

«Certo, è fondamentale che uno specialista valuti le condizioni fisiche e può essere utile anche fare radiografie per verificare le condizioni delle protesi, soprattutto se l’intervento chirurgico di sostituzione è stato eseguito già da qualche anno».

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