Temperature sottozero, attenzione all’orticaria da freddo

L’orticaria è una patologia caratterizzata dalla presenza di chiazze pruriginose. Dimensione, forma e colore variano da caso a caso, così come la loro posizione. Possono essere localizzate sul volto, sul tronco, sulle braccia o sulle gambe ed essere associate, o meno, a gonfiore e prurito.

L’orticaria da freddo è una reazione cutanea che si manifesta sulla pelle dopo l’esposizione alle temperature rigide dell’inverno. La cute si riempie di pomfi o macchie rossastre e causano prurito.

Ne abbiamo parlato con il dottor Tullio Zanoletti, dermatologo e allergologo presso il centro Humanitas Medical Care di Varese.

Che cos’è e come si può prevenire l’orticaria da freddo? 

“L’orticaria da freddo è una malattia rara che colpisce in prevalenza il sesso femminile e si può manifestare sia nei mesi invernali (sulle zone di cute esposta), sia in estate (per immersioni in acque fredde, laddove la differenza di temperatura sia significativa). Una forma secondaria, conseguente ad un motivo noto, riporta la causa ad alcune patologie ematiche con anticorpi da freddo (crioglobuline e agglutinine) o a infezioni virali, batteriche e punture di imenotteri (api, vespe e calabroni).

La prevenzione è limitata a possibili esposizioni scatenanti: evitare bevande fredde e il contatto con aria e acque fredde.

A causa della sua rara prevalenza nella popolazione (sembra lo 0,05%) gli studi sono limitati. A complicare il quadro clinico, nel 50% dei casi, si sovrappongono orticaria da sforzo-alimenti e allergie respiratorie (la maggior parte ha causa sconosciuta)”.  

Come viene diagnosticata l’orticaria da freddo?

“Per la diagnosi si utilizzano il test del cubo di ghiaccio, un test empirico o il Temp test in grado di valutare la soglia di tolleranza ma non tutti i pazienti rispondono ai test e questo complica ulteriormente la valutazione”.

Quali sono i rimedi contro l’orticaria da freddo?  

“Protezione delle zone esposte con creme grasse nei mesi invernali, in modo da ridurre lo sbalzo di temperatura ed evitare il contatto improvviso con acqua fredda, soprattutto su vaste superfici corporee.

Il trattamento è sintomatico: la maggioranza dei casi si avvale di antistaminici di seconda generazione ad alte dosi, anche ad uso intermittente.

Nei casi refrattari agli antistaminici, si possono usare:

  • Un anticorpo monoclonale anti Ig E (omalizumab) a dosi variabili da 150-300 mg ogni mese 
  • Ciclosporina (un immunomodulante di più difficile gestione)”. 

Quanto dura?

“In media 4-5 anni ma alcuni studi segnalano una durata maggiore, sottolineando che solo un quarto dei pazienti risolvono questa patologia dopo dieci anni”.

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