L’obesità è una condizione complessa: non riguarda solo alimentazione e metabolismo, ma anche aspetti psicologici, emotivi, comportamentali e relazionali.
Il lavoro psicologico, in particolare attraverso la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), aiuta la persona a comprendere i meccanismi che mantengono il problema, a modificare schemi di pensiero e comportamento disfunzionali, e a costruire una relazione più equilibrata con il cibo e il proprio corpo. Ne parliamo con la dottoressa Paola Mosini, psicologa e psicoterapeuta di Humanitas PsicoCare.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera l’obesità una malattia cronica e progressiva, con conseguenze importanti sulla salute e sulla qualità della vita. È una vera emergenza globale: in Europa quasi 6 adulti su 10 presentano sovrappeso od obesità, così come circa un bambino su tre in età scolare. Si tratta quindi di un problema di salute pubblica che richiede interventi integrati.
L’American Psychiatric Association (APA) nel DSM-5 (il manuale diagnostico che definisce e descrive i disturbi mentali fornendo criteri standardizzati per la diagnosi) non classifica l’obesità come disturbo mentale, ma riconosce che è spesso connessa a condizioni psicopatologiche come depressione, ansia o disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). Questo dà l’idea del perché la componente psicologica sia così importante nel trattamento di questa patologia.
Obesità e disregolazione emotiva
Un aspetto spesso sottovalutato è che molte persone con obesità hanno già alle spalle numerosi tentativi dietetici, con esiti insoddisfacenti e con risultati temporanei. Questo ciclo di speranze e delusioni genera vissuti di frustrazione, senso di fallimento e disistima, che a loro volta possono alimentare ulteriormente la disregolazione emotiva e la perdita di fiducia nelle proprie capacità di cambiamento.
È infatti ormai consolidato che ciò che spesso accomuna questi pazienti è una forma di disregolazione emotiva presente fin dall’infanzia: difficoltà a riconoscere, tollerare e gestire emozioni intense, che vengono spesso affrontate con il cibo già nei primi anni di vita.
La società stessa, in modi sottili ma costanti, insegna infatti fin da piccoli a regolare le emozioni con il cibo: un esempio classico è la caramella come premio per “essere stati bravi” o il gelato come consolazione in caso di frustrazione.
Questo schema comportamentale precoce può trasformarsi in una strategia automatica di gestione delle emozioni (emotional eating), il cibo assume così una funzione consolatoria che persiste anche da adulti e rende difficile adottare comportamenti e strategie efficaci.
Oggi, inoltre, siamo costantemente bombardati di stimoli alimentari, tra pubblicità, social media e contenuti digitali sul cibo, che aumentano la tentazione e rendono più difficile mantenere comportamenti salutari.
Il lavoro psicologico diventa dunque fondamentale: non basta prescrivere una nuova dieta, occorre aiutare la persona a rompere il circolo vizioso dei tentativi falliti e a costruire un rapporto diverso con il cibo, con le emozioni e con se stessa.
Obesità: a cosa serve la psicoterapia cognitivo-comportamentale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) rappresenta oggi l’approccio psicologico più supportato da evidenze scientifiche nel trattamento dell’obesità. Lavora su pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali legati all’alimentazione, aiutando a:
- Riconoscere e gestire le emozioni senza ricorrere automaticamente al cibo.
- Sviluppare strategie di coping alternative, come tecniche di rilassamento, abilità di mindful eating, problem solving e distrazione.
- Modificare abitudini consolidate, come schemi alimentari irregolari o sedentarietà, attraverso monitoraggio del cibo e pianificazione dei pasti.
- Migliorare la motivazione e la compliance ai programmi nutrizionali e medici.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) permette quindi di rompere il circolo vizioso dei tentativi falliti, sostituendo comportamenti disfunzionali con nuovi pattern emotivi e comportamentali più stabili nel tempo.
Inoltre l’obesità è spesso accompagnata da stigmatizzazione, imbarazzo e isolamento, che possono peggiorare il disagio emotivo. Il lavoro psicologico aiuta a migliorare autostima, fiducia nelle proprie capacità e qualità della vita, affrontando sia il rapporto con se stessi e il proprio corpo sia quello con gli altri.
La gestione efficace dell’obesità richiede un approccio multidisciplinare, in cui medici, nutrizionisti e psicologi collaborano. La psicoterapia cognitivo-comportamentale non sostituisce la dieta o l’intervento medico, ma ne aumenta l’efficacia, rendendo i cambiamenti più sostenibili e duraturi.
In sintesi, trattare l’obesità significa prendersi cura di una persona nella sua totalità: corpo, mente ed emozioni. La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), inserita in un percorso personalizzato e multidisciplinare, può offrire gli strumenti per trasformare una lunga storia di tentativi falliti in successi concreti e duraturi.