Fissazione strumentata (spondilolistesi)
Si tratta di una tecnica chirurgica per risolvere le spondilolistesi che non rispondono ai trattamenti conservativi (vale a dire ginnastica posturale, ultrasuoni o uso di busti contenitivi).
La valutazione sia della tipologia che del grado di spondilolistesi è molto importante al fine di stabilire l’opportunità della terapia chirurgica. A questo scopo la spondilolistesi – vale a dire la condizione clinica che si caratterizza dallo scivolamento di una vertebra rispetto all’altra e che di solito interessa le vertebre L5 e L4 – è un processo degenerativo che deve essere analizzato sotto diversi aspetti: grado dello slittamento, risposta alle terapie conservative e cause (comunemente artrosi, malformazioni, infezioni, neoplasie, traumi), interessamento muscoloscheletrico ed insieme dei sintomi infiammatori.
Il ricorso a questa tecnica chirurgica è, difatti, indicato per il trattamento di spondolistesi malformative, delle spondilolistesi degenerative e della spondilolistesi traumatica, dopo aver stabilito sia il grado di instabilità lombare che l’insieme dei sintomi lamentati dall’individuo in cura.
Che cos’è la fissazione strumentata?
E’ un intervento chirurgico che mira ad ottenere la stabilizzazione della colonna ed eventualmente a risolvere la compressione delle strutture nervose, qualora presenti. Al fine di ottenere questi risultati si ricorre all’impiego di mezzi di sintesi: si tratta di elementi realizzati con materiali di avanguardia, utilizzati per ristabilire il giusto allineamento delle vertebre interessate. L’intervento è condotto da un neuronavigatore, una sorta di “Gps” che grazie ad una mappa anatomica molto precisa guida la mano del chirurgo. Prima e durante l’intervento, difatti, viene eseguita una mappatura dettagliata delle strutture che sono coinvolte.
Le indicazioni per il ricorso all’intervento sono:
- Spondilolistesi di origine traumatica: necessitano sempre di un intervento chirurgico di fissazione posteriore strumentata e artrodesi intersomatica.
- Spondilolistesi malformative: l’intervento è riservato ai casi in cui sia presente un’instabilità lombare che non risponda posittivamente ad altri trattamenti.
- Spondilolistesi degenerative: praticata in caso di instabilità e in presenza di una sintomatologia da compressione delle strutture neurali (come claudicatio e radiculopatia con o senza deficit).
Nel caso di compressione delle strutture nervose, il chirurgo valuta l’opportunità di effettuare, mediante il supporto del microscopio operatorio e di un trapanino ad alta velocità, degli interventi mirati che consentono di liberare le terminazioni nervose dall’intrappolamento scatenante l’infiammazione ed il dolore nel paziente.
Chi può sottoporsi al trattamento?
Il trattamento non esclude particolari categorie di individui. Età e grado della degenerazione sono alcuni degli elementi che vengono valutati caso per caso, così come la presenza di concomitanti altre patologie.
Qual è l’ospedalizzazione?
L’intervento deve essere effettuato in centri di alta specializzazione e da neurochirurghi esperti, con alle spalle un diverso numero di interventi. Prima dell’intervento è quindi opportuno richiedere tutte le informazioni disponibili. Il buon esito dell’intervento è garantito da una attenta pianificazione di ogni sua parte. Il primo passo è la presa in carico del paziente dal team chirurgico – affiancato dal team anestesiologico – e l’effettuazione di visite ed esami generali e specifici.
Dopo essersi sottoposto a tutti gli esami preoperatori, il paziente viene condotto in sala operatoria e fatto stendere sul letto operatorio a pancia in giù (in posizione prona). L’intervento è praticato in anestesia generale e per tutta la sua durata il soggetto viene monitorato, in modo costante, dagli anestesisti.
Al fine di identificare con precisione l’area di intervento, viene svolto uno studio radiologico. A ciò si aggiunge la ricostruzione in 3D, ottenuta attraverso una tomografia computerizzata pre-operatoria o – in alternativa – i risultati del monitoraggio intra-operatorio con O-ARM. Si tratta di dati che sono elaborati in tempo reale da uno strumento informatico e sono quindi messi a disposizione del chirurgo mediante un neuronavigatore. Quest’ultimo è una sorta di “Gps” che mostra al medico tutte le strutture anatomiche sulle quali sta intervenendo o interverrà.
Il chirurgo pratica quindi un’incisione cutanea che sarà proporzionata all’estensione dell’area sui cui deve intervenire (di solito il taglio misura poco più di 10 centimetri). Dopo aver individuato e isolato le strutture nervose, muscolari e ossee da curare, si passa alla fase di fissazione degli elementi (viti peduncolari e barre di titanio) che consentiranno di stabilizzare quello che è l’alterato assetto delle vertebre. Nel caso in cui la spondilolistesi sia associata ad una compressione dei nervi, il chirurgo provvede a liberare le strutture nervose dall’intrappolamento tramite un piccolo trapano ad alta velocità.
Quali sono vantaggi e svantaggi del trattamento?
Il corretto impiego del neuronavigatore come guida per il chirurgo, permette di ridurre le complicanze più frequenti. Si rivela molto efficace, ad esempio, per posizionare in modo corretto le viti peduncolari che – unitamente alla pseudoartrosi – rappresenta la più comune causa di insuccesso. Gli studi confermano l’efficacia del trattamento, con percentuali di successo tra l’80 e il 96%.
Per contro l’intervento – come tutti i trattamenti chirurgici – può andare incontro a problematiche operatorie e post-operatorie. Molte di tali evenienze possono essere limitate con un’attenta pianificazione dell’intervento e tramite l’impiego di materiali sicuri e tecniche mini-invasive.
La fissazione strumentata è un intervento doloroso e/o pericoloso?
L’intervento viene praticato in anestesia generaleed considerato sicuro, sia per le condizioni di effettuazione che per l’affidabilità dei materiali adoperati. Tuttavia – in considerazione della sede in cui si opera e a seconda della tipologia di degenerazione da curare – la fase successiva è caratterizzata da dolore post-operatorio (anche intenso) e necessita di una fase di riabilitazione. Il controllo di questo e di altri sintomi fa parte di un’ottimale pianificazione di ogni fase.
L’intervento, come tutte le pratiche chirurgiche, non è scevro da rischi, che nel caso particolare, comprendono deficit motori, infezioni, ematomi, la formazione di fistole, o il riposizionamento di viti e barre. Vanno inclusi i rischi associabili all’anestesia generale (reazioni ai farmaci, problemi respiratori).
Follow up
Dopo un intervento chirurgico sulla colonna, il paziente viene richiamato al fine di monitorare la stabilizzazione del rachide e la fusione dei componenti. Si tratta di un programma di visite ed esami diagnostici cui il paziente dovrà attenersi in maniera scrupolosa.
Il supporto principale per garantire il buon esito dell’intervento è il trattamento riabilitativo. Si tratta di un percorso che viene creato, su misura, per ogni singolo paziente a seconda dell’età, della procedura chirurgica effettuata, delle richieste funzionali, delle menomazioni e delle disabilità pre-intervento, delle priorità del paziente.
La riabilitazioneha quattro principali obiettivi:
- accelerare i tempi di risoluzione dei sintomi ed in particolare del dolore;
- favorire il più rapido recupero funzionale e il reinserimento lavorativo;
- evitare o limitare la cronicizzazione dei sintomi;
- prevenire le complicanze e le ricadute.
Norme di preparazione
Per prepararsi all’intervento è necessario digiunare da almeno sei ore e, se si assumono farmaci, attenersi a tutte le altre indicazioni che vengano fornite in anticipo dallo staff medico.