Laminotomia unilaterale
Si tratta di un trattamento di chirurgia mini-invasiva che viene impiegato per la terapia dell’astenosi lombare.
Nei soggetti predisposti – a causa della degenerazione artrosica – il canale vertebrale può, difatti, restringersi (stenosi) e comprimere le radici nervose. Questo processo determina un ostacolo al movimento di uno o entrambi gli arti inferiori e può causare dolore (più o meno intenso).
E’ un’opzione chirurgica che viene adottata in caso di stenosi bilaterale o centrale in soggetti che non hanno risposto positivamente a trattamenti conservativi come l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi o alla fisiochinesiterapia. La tecnica presenta il vantaggio di consentire al paziente di alzarsi nell’ambito di un giorno e di essere dimesso in breve tempo.
Che cos’è la laminotomia unilaterale per la terapia della stenosi lombare?
L’avanzare dell’artrosi, in alcuni individui predisposti, agisce sulla colonna vertebrale. Tra gli effetti vi è un restringimento del canale spinale che espone le radici nervose alla compressione da parte delle strutture ossee. L’intervento di laminotomia unilaterale per la decompressione bilaterale permette di liberare queste radici contendendo o eliminando del tutto i disturbi neurologici che tale condizione implica.
I sintomi più frequenti della stenosi che si intende risolvere sono:
- Claudicatio neurogena: definita anche zoppìa spinale perché si manifesta con l’incapacità del soggetto di percorrere, in maniera autonoma, percorsi lunghi (convenzionalmente fissati in 300 metri)
- Dolore lombare (o mal di schiena): tipico nel caso di radicolopatie, quando il dolore è la manifestazione della compressione delle strutture nervose operata dal restringimento del canale.
Nell’intervento di laminotomia – a differenza di altri approcci più invasivi e demolitivi – il chirurgo interviene assottigliando con la dovuta precisione una piccola porzione della lamina (la parte del tessuto osseo che connette la parte ossea della vertebra alle strutture nervose). In tale operazione è assistito dalle immagini radiologiche che guidano il suo lavoro e dal microscopio operatorio che permette di amplificare la visione dell’area per una maggiore precisione di esecuzione.
Come detto in precedenza, si ricorre all’intervento nei casi di stenosi centrale e laterale che non abbiano risposto positivamente a trattamenti conservativi dopo almeno tre mesi.
Chi può sottoporsi al trattamento?
Il trattamento non esclude particolari categorie di pazienti. Grado della degenerazione ed età sono alcuni dei fattori che vengono valutati caso per caso, oltre alla presenza di altre contestuali patologie.
Qual è l’ospedalizzazione?
L’intervento deve essere effettuato in centri di alta specializzazione e da neurochirurghi esperti con alle spalle un diverso numero di interventi. Prima del trattamento è quindi buona norma richiedere tutte le informazioni disponibili. Il buon esito dell’intervento è garantito da una precisa pianificazione di ogni sua parte. Il primo passo è la presa in carico del paziente dal team chirurgico unitamente al team anestesiologico e l’esecuzione di visite ed esami generali e specifici.
Il paziente viene fatto stendere sul letto operatorio in una posizione che favorisca l’intervento: le ginocchia sono flesse verso il tronco (vale a dire nella cd. posizione genu-pettorale). L’intervento è effettuato in anestesia generale e per tutta la sua durata gli anestesisti monitorano la procedura chirurgica.
La pianificazione di questa opzione è determinante per garantire il successo dell’intervento. Per identificare con la dovuta precisione l’area di intervento viene anche eseguito uno studio radiologico.
Il chirurgo pratica un’incisione cutanea che è proporzionata all’estensione dell’area sui cui deve intervenire. Mediante un trapanino ad alta velocità si riduce la lamina al fine di creare lo spazio necessario per raggiungere il sacco durale e liberare quindi dalla compressione la radice nervosa.
Quali sono vantaggi e svantaggi dell’intervento?
I vantaggi coincidono con una minore invasività della terapia chirurgica rispetto ad altre tecniche. Le ricerche confermano l’efficacia del trattamento, con percentuali di successo che variano tra l’80 e il 96%.
L’uso del neuronavigatore, come guida per il chirurgo, consente di ridurre quelle che sono le complicanze più frequenti. Si rivela molto efficace, ad esempio, nel preciso posizionamento delle viti peduncolari la cui mobilizzazione, unitamente alla pseudoartrosi, rappresenta la più comune causa di insuccesso della procedura.
Per contro l’intervento – come peraltro tutti i trattamenti chirurgici – può incontrare problematiche operatorie e post-operatorie. Molte di queste evenienze possono essere limitate con una precisa pianificazione dell’intervento e l’uso di materiali e/o tecniche mini-invasive.
La laminotomia unilaterale per la decompressione bilaterale è un intervento doloroso / pericoloso?
L’intervento viene praticato in anestesia generale. È considerato sicuro sia per le condizioni di esecuzione che per l’affidabilità dei materiali che vengono adoperati. Tuttavia – in considerazione della sede in cui si agisce e a seconda della tipologia di degenerazione da trattare – la fase successiva è caratterizzata da dolore post-operatorio (anche intenso) e necessita di una fase di riabilitazione. Il controllo di questo e altri sintomi fa parte di un’ottimale ottimale di ogni fase.
L’intervento, come tutte le pratiche chirurgiche, non è privo di rischi. La complicanza maggiore è la persistenza del dolore successivamente all’intervento, a cui si aggiunge la necessità di un nuovo intervento. Meno frequenti sono invece la discite, le recidive di ernia discale, l’instabilità rachidea iatrogena, le lesioni durali, le infezioni, il danno alle strutture nervose. Molto rari sono altresì i problemi a livello vascolare (tromboflebiti). Vanno infine inclusi i rischi legati all’anestesia generale (problemi respiratori, reazioni ai farmaci).
Follow up
Dopo l’intervento, il paziente viene richiamato al fine di monitorare la stabilizzazione e la fusione dei componenti della colonna vertebrale. Si tratta di un programma di visite con relativi esami diagnostici che il paziente deve seguire in maniera rigorosa.
Il supporto principale per garantire il buon esito dell’intervento è il trattamento di riabilitazione. Si tratta di un percorso che viene appositamente creato per ogni paziente; ciò a seconda della procedura chirurgica effettuata, dell’età, delle richieste funzionali, delle menomazioni, delle disabilità pre-intervento e delle priorità del paziente.
La terapia riabilitativa ha quattro principali obiettivi:
- accelerare i tempi di risoluzione dei sintomi ed in particolare del dolore;
- favorire il più rapido recupero funzionale e il reinserimento lavorativo;
- evitare o limitare la cronicizzazione dei sintomi;
- prevenire le complicanze e le ricadute.
Norme di preparazione
Per prepararsi all’intervento è necessario digiunare almeno sei ore e, se si assumono farmaci, rispettare le relative indicazioni fornite in anticipo dallo staff medico.
Disclaimer
Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.