Tumore dell’esofago

Che cos’è il tumore dell’esofago?

Si tratta di un tumore che si sviluppa nell’esofago, il canale attraverso il quale gli alimenti e i liquidi assunti arrivano allo stomaco. In genere l’esordio della malattia si ha nelle cellule del tessuto che riveste internamente l’esofago (epitelio): per motivi ancora non chiari, le cellule subiscono un’alterazione nel loro DNA, che le fa crescere e proliferare in modo incontrollato. È possibile che il tumore cresca e invada i tessuti limitrofi e si diffonda anche ad altre parti del corpo.

La classificazione dei diversi tipi di tumore dell’esofago avviene in base alle cellule coinvolte:

  1. l’adenocarcinoma solitamente origina nelle ghiandole muco-secernenti che sostituiscono il normale epitelio dell’esofago e colpisce più di frequente la parte bassa dell’esofago, vicino allo stomaco;
  2. il carcinoma a cellule squamose colpisce le cellule del rivestimento normale dell’esofago e riguarda soprattutto la parte centrale del canale;
  3. il linfoma e il sarcoma sono forme molto più rare di malattia.

 

Quali sono i fattori di rischio per il tumore dell’esofago?

Lo stato di infiammazione cronica dell’epitelio viene considerato un fattore che contribuisce ad alterare il DNA delle cellule e a sviluppare il tumore.

I principali fattori di infiammazione cronica sono:

  • abuso di alcol
  • fumo
  • masticare tabacco
  • reflusso di bile
  • malattia da reflusso gastro-esofageo, cioè la risalita nell’esofago di materiale acido che proviene dallo stomaco, causata dal funzionamento difettoso della valvola che c’è tra questi due organi
  • acalasia esofagea, una malattia che colpisce la muscolatura dell’esofago e rende difficoltosa la deglutizione
  • ingerire alimenti bollenti
  • dieta povera di frutta e verdura
  • obesità
  • alterazioni precancerose nelle cellule, presenti nell’esofago di Barrett (la trasformazione della mucosa dell’esofago da cui sono affetti molti di coloro che soffrono di un grave reflusso gastro-esofageo)

Altri fattori di rischio sono:

  • età: la maggior parte dei casi si verifica tra il 55 e i 70 anni;
  • sesso: colpisce più gli uomini che le donne (la proporzione è di 3 a 1).

È possibile prevenire il tumore dell’esofago?

Una buona prevenzione è basata sulla limitazione di alcol e fumo, sul controllo del peso, su una dieta ricca di frutta e verdura e sulla riduzione del rischio di reflusso gastro-esofageo (limitare caffè, alcol, sigarette, bevande gasate, alimenti grassi è un buon modo per combattere questo disturbo).

La prima prevenzione è rappresentata dalla diagnosi delle lesioni preneoplastiche che, nel caso dell’adenocarcinoma dell’esofago, il tumore più comune oggi nei paesi occidentali, è il riconoscimento dell’Esofago di Barret e il suo trattamento con terapia endoscopica o mini-invasiva (ablazione con radiofrequenza, plastica antireflusso, etc…).

Come eseguire la diagnosi

La miglior terapia del tumore dell’esofago comincia con una valutazione completa.

Utilizzando l’endoscopio il medico può visualizzare l’esofago dall’interno e prelevare piccoli campioni di tessuto (biopsia) da sottoporre ad esame istologico al microscopio. In alcuni casi, è possibile che il paziente venga sottoposto a un esame radiologico dell’apparato digerente che prevede l’utilizzo di un liquido denso (bario) somministrato per bocca, che si fissa al cilindro di rivestimento interno dell’esofago rendendo in tal modo più visibile ogni eventuale anomalia.

Esami di stadiazione

Se si ha una diagnosi certa di tumore dell’esofago, risultano necessari ulteriori accertamenti allo scopo di stabilire il livello di infiltrazione del tumore negli strati dell’esofago e la sua eventuale diffusione ai linfonodi o ad altri organi, un processo detto stadiazione clinica.

Tra gli esami di stadiazione che si eseguono  sono compresi:

  • TAC: in genere rappresenta il primo passo nella stadiazione del tumore dell’esofago. Si tratta di un esame radiologico computerizzato che fornisce immagini assiali del corpo umano con possibilità di ricostruzioni secondo tutti i piani dello spazio e anche tridimensionali.
  • Tomografia a Emissione di Positroni (PET): è un esame per cui viene utilizzata una piccola quantità di glucosio radioattivo per evidenziare le cellule tumorali in rapida crescita e rilevare alterazioni altrimenti invisibili con altre metodiche: si rivela utile soprattutto nella diagnostica delle metastasi a distanza.
  • Ecoendoscopia (EUS): un particolare endoscopio dotato di una testina che emette ultrasuoni o una minuscola sonda a ultrasuoni che viene introdotta attraverso un endoscopio, consentono di effettuare un esame “a contatto” della lesione esofagea. Penetrando in profondità nei tessuti, gli ultrasuoni individuano la diffusione del tumore all’interno della parete dell’esofago e la presenza di ghiandole sospette. Con l’ecoendoscopia è possibile anche effettuare biopsie di queste ghiandole vicino al tumore. L’ecoendoscopia può risultare molto impegnativa da un punto di vista tecnico e produce i risultati migliori quando viene effettuata da un endoscopista esperto.

Terapie

Nell’ultimo decennio, ci sono stati dei notevoli progressi nel trattamento del tumore dell’esofago.

Terapie endoscopiche

La mucosectomia endoscopica solitamente viene collegata con l’ablazione con radiofrequenza per il trattamento del circostante esofago di Barret in fase preneoplastica: si tratta di una procedura ambulatoriale, ed il paziente può generalmente tornare all’attività normale il giorno successivo, anche se potrebbe avere dolore toracico e difficoltà di deglutizione per circa una settimana. L’endoscopia ha anche una funzione importante nel ripristinare temporaneamente la canalizzazione dell’esofago e permettere ai pazienti di alimentarsi attraverso posizionamento di endoprotesi: sono procedure che vengono impiegate in casi selezionati.

Chirurgia

La chirurgia di asportazione dell’esofago (esofagectomia) costituisce il cardine fondamentale della terapia del cancro dell’esofago: talvolta rappresenta la sola terapia eseguita, ma più frequentemente viene correlata a chemio e radioterapia in base allo stadio clinico della malattia, come parte di un trattamento integrato. Durante questo intervento, il chirurgo in genere esegue l’asportazione di tutto o parte dell’esofago e della porzione superiore dello stomaco in blocco con le linfoghiandole circostanti, ricostituendo poi la continuità dell’apparato digerente attraverso l’interposizione di un viscere, solitamente la porzione restante di stomaco o un tratto di intestino. Questo intervento è complesso e delicato in quanto vengono sempre coinvolti almeno due (talvolta tre) distretti corporei: collo, torace e addome;. L’approccio mini-invasivo risulta meno traumatico per l’organismo in quanto le manovre chirurgiche vengono condotte attraverso delle piccolissime incisioni in cui sono posizionate cannule che consentono a strumenti molto sottili, manovrati dall’esterno, di passare. In genere l’esofagectomia mini-invasiva richiede una degenza ospedaliera più breve, provoca meno dolore postoperatorio e viene seguita da una ripresa più rapida del paziente. I risultati clinici ed oncologici dell’esofagectomia mini-invasiva sono eccellenti se viene effettuata da chirurghi esperti.

Chemio-radioterapia

In base all’estensione del tumore, definita come stadio clinico preoperatorio o stadiazione patologica e quindi postoperatoria, è possibile che i medici raccomandino la radioterapia associata con la chemioterapia (chemio-radioterapia). Queste terapie possono quindi essere eseguite prima (neo-adiuvanti) o dopo (adiuvanti) l’intervento chirurgico, allo scopo di migliorare i risultati che si otterrebbero con la sola chirurgia.

Nelle fasi più avanzate della malattia, non suscettibili di intervento chirurgico, si possono impiegare la chemioterapia e la radioterapia da sole o in associazione come trattamento definitivo per il paziente.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.