Tumore della mammella maschile

Che cos’è il tumore della mammella maschile?

Il carcinoma della mammella maschile è un tumore raro: il tasso di incidenza in Italia e nel mondo occidentale è di circa un caso su 100.000. Tuttavia, negli ultimi anni l’incidenza risulta in aumento e colpisce sempre più spesso uomini con meno di 45 anni.

Quali sono i fattori di rischio per il tumore della mammella maschile?

Esistono molteplici fattori di rischio del carcinoma mammario maschile. Essi comprendono varie condizioni di alterato metabolismo ormonale con uno sbilanciamento del rapporto fra estrogeni e progesterone che può sopravvenire in conseguenza di patologie del testicolo, sindrome di Klinefelter, cirrosi epatica, obesità, esposizione a sostanze contenenti estrogeni, ginecomastia secondaria a farmaci, o un pregresso trattamento radioterapico nell’area mammaria. Nel 30% dei casi è presente un’anamnesi familiare positiva per carcinoma mammario. Il fattore genetico correlato più di frequente è costituito dalla mutazione del gene BRCA2. A causa della rarità del tumore mammario maschile non si è sviluppato un programma di prevenzione.

Come eseguire la diagnosi

Nonostante ci possano essere dei sintomi e dei segni precoci in considerazione della scarsità di tessuto ghiandolare nell’uomo, la diagnosi è quasi sempre tardiva a causa di una sottovalutazione del problema da parte dei pazienti, spesso inconsapevoli del fatto che il cancro alla mammella possa colpire anche loro.

 

Trattamenti

La strategia terapeutica del carcinoma mammario maschile segue con scrupolo le linee terapeutiche consolidate e studiate nel sesso femminile. Tuttavia, dati recenti indicano che le caratteristiche biologiche del tumore maschile si discostano da quello della controparte femminile: l’espressione dei recettori ormonali, infatti, risulta presente nell’ 80-90% contro il 60-70% dei tumori della mammella femminile e viceversa si calcola che l’iper-espressione di HER-2 è presente nell’11-15% dei tumori maschili mentre interessa il 25-30% di quelli femminili.

Per quanto riguarda la rarità del tumore maschile, finora è stato difficile condurre degli studi prospettici appropriati sulle opzioni di trattamento.

Chirurgia

Durante l’intervento chirurgico d’elezione si esegue l’asportazione totale della ghiandola mammaria, con la cute soprastante ed il complesso areola-capezzolo (mastectomia totale): le ridotte dimensioni della ghiandola nell’uomo e la frequente localizzazione sottoareolare del tumore rendono infatti la chirurgia conservativa raramente indicata. La biopsia del linfonodo sentinella sembra predire lo stato linfonodale ascellare anche quando si presenta un tumore mammario maschile. Pertanto, essa ha lo stesso ruolo che ha nel carcinoma mammario femminile.

Terapia sistemica adiuvante

La scelta delle varie opzioni di cura farmacologica può essere fatta sulla base di una serie di caratteristiche del tumore e del paziente al momento della diagnosi, soprattutto la valutazione del rischio di ripresa sistemica della malattia attraverso analisi dei fattori prognostici e delle caratteristiche biologiche della neoplasia, oltre che dalla dimensione del tumore, dallo stato linfonodale, dall’espressione dei recettori ormonali e di HER2-neu, del grading, dall’invasione vascolare e dall’indice proliferativo (K-67).

Chemioterapia adiuvante

Gli schemi di polichemioterapia utilizzati sono quelli che si sono dimostrati efficaci nelle vaste casistiche femminili.

Immunoterapia adiuvante

In genere, nei pazienti che presentano elevati quantitativi di proteina HER-2, viene indicata una immunoterapia con trastuzumab per un anno.

Terapia ormonale adiuvante

Qualora il tumore risultasse sensibile al trattamento ormonale, si ricorrerebbe alla terapia adiuvante con l’antiestrogeno tamoxifene, da assumere per bocca per cinque anni alla dose giornaliera di 20 milligrammi. Dati recenti indicano un’assenza di attività degli inibitori dell’aromatasi (letrozolo, anastrozolo ed exemestane) nel trattamento del carcinoma mammario maschile metastatico, per cui questa categoria di farmaci, attualmente, non viene proposta nella fase adiuvante.

Radioterapia

Solitamente, si indica la radioterapia postoperatoria dopo mastectomia nei casi ad alto rischio di ripresa locale per interessamento cutaneo o muscolare, nei casi localmente avanzati, con esteso interessamento linfonodale o nelle neoplasie di maggiori dimensioni. Nei casi di eventuale chirurgia conservativa, le indicazioni alla radioterapia e le tecniche di trattamento prevedono l’irradiazione precauzionale di tutta la ghiandola mammaria residua.

Trattamento della fase metastatica

Nella fase metastatica, vengono indicati anche nella patologia maschile gli schemi di chemioterapia già consolidati e largamente utilizzati per il carcinoma mammario femminile: vengono utilizzati quando la malattia appare in rapida evoluzione o con presentazione viscerale o nei casi con recettori ormonali negativi. Tra i farmaci più rappresentativi sono inclusi: antracicline, taxani, vinorelbina, capecitabine gemcitabina etc. Nei pazienti colpiti da tumore ormono-responsivo, le terapie ormonali rappresentano una valida arma terapeutica; tra queste terapie ci sono tamoxifene, LH-RH analogo, i progestinici, fulvestrant, molecole appartenenti ad una nuova classe di farmaci noti con il nome di inibitori dell’aromatasi. In presenza di tumore che esprime la proteina HER-2 viene indicato un trattamento con un farmaco sistemico, trastuzumab, utilizzato in combinazione con un chemioterapico.

Trials

Studio di Fase I con incremento di dose che prevede la somministrazione orale di S78454, pan-inibitore delle Iston-deacetilasi (HDAC), in associazione con radioterapia ipofrazionata nei pazienti affetti da tumore solido.

Medici

La Breast Unit rappresenta un modello assistenziale innovativo nel campo sanitario, un nuovo approccio basato sul coordinamento di differenti professionalità per riuscire a diagnosticare e trattare la patologia mammaria in maniera multidisciplinare, mediante consulti multidisciplinari che si tengono prima e dopo le fasi di trattamento. Tali riunioni servono a valutare su base comune la strategia da tenere ed i risultati ottenuti, e coinvolgono tutte i differenti specialisti (chirurgo, radiologo, radioterapista, oncologo) che fanno parte del team.

Con questo approccio, basato su un modello diffuso a livello europeo, si vogliono ottenere i migliori risultati relativamente a prevenzione, diagnosi e cura; permette, inoltre, un rapido trasferimento della ricerca scientifica alla pratica clinica di tutti i giorni. Attuando un consulto multidisciplinare (MDM, Multidisciplinary Meeting), infatti, si discutono le peculiarità di ogni paziente per poter personalizzare quanto più possibile il trattamento e ottimizzare la strategia terapeutica e di follow-up anche alla luce delle più recenti indicazioni della letteratura scientifica.

Disclaimer

Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.