Addio diete pre-scritte e “tristi”, largo a quelle personalizzate e con risultati che durano nel tempo

Il termine “dieta” viene spesso associato a qualcosa di negativo, sinonimo di parole temute come sofferenze, privazioni, sacrifici. Essere a dieta significa per lo più non mangiare come gli altri famigliari, non uscire a cena con amici, avere un’alimentazione controllata, restrittiva, vincolante e decisamente poco gustosa, potremmo quasi dire “triste”. Questo approccio, sicuramente diffuso in passato, purtroppo spesso allontana dall’alimentazione sana invece che coinvolgere e includere.

La lotta al sovrappeso tuttavia oggi può essere affrontata seguendo altre strade, che tengono conto delle esigenze di salute dei pazienti ma anche dell’esigenza di mantenere quanto più intatta la propria vita sociale e quanto più integra la propria condizione psicologica.

È questo l’approccio messo in campo anche dalla dottoressa Giulia Belotti, nutrizionista, che presta la propria attività in Humanitas Medical care di Almè.

Dottoressa Belotti, ci vuole descrivere in che cosa consiste questo nuovo modo di intendere la dieta?

«L’approccio che sta prendendo sempre più piede è quello di avvicinare il paziente sovrappeso a uno stile di vita più sano, senza imporre, a priori, scelte alimentari rigide e senza alternative. Questo significa non affidarsi a liste preconfezionate, ma studiare percorsi alimentari personalizzati, differenti da persona a persona, che tengano conto da un lato di particolari situazioni di vita (lavoro/ attività fisica/organizzazione dei pasti) e dall’altro di situazioni specifiche che possono correlarsi con l’alimentazione. Si pensi ad esempio alle diffuse condizioni di gonfiore intestinale e irregolarità che spesso richiedono la collaborazione e le competenze di un medico gastroenterologo».

Che cosa significa modificare l’impostazione del prescrivere una dieta in senso più “morbido”?

«Nel concreto significa capire quali sono le abitudini del paziente, concordare insieme alcuni obiettivi migliorativi che lo avvicinino gradualmente ad uno stile di vita più sano.  Significa inoltre strutturare un piano alimentare personalizzato che tenga conto delle abitudini di vita, degli orari lavorativi, delle consuetudini famigliari e dall’attività fisica svolta. L’obiettivo della personalizzazione è fornire al paziente gli strumenti utili per imparare a gestirsi nei suoi diversi contesti di vita, senza stravolgere abitudini e organizzazione, ma migliorare a piccoli passi il suo stile di vita».

Un intervento che incide, quindi, anche sull’aspetto psicologico, oltre che fisico…

«Sì, l’idea è quella di tendere a uno stile di vita il più sano possibile. Il grande limite delle diete non personalizzate infatti è che una volta concluso il percorso, seppur spesso con ottimi risultati, non si hanno più strumenti per gestire la quotidianità. Spesso quindi il peso tende, di nuovo, a risalire Al contrario, la ricerca di uno stile di vita più sano e consapevole aiuta a mantenere i risultati ottenuti, perché il paziente ha maggiore consapevolezza di quanto sta facendo per migliorare il suo stile di vita».

Ci sono punti fermi da cui non ci si può discostare rispetto al passato? Cibi da evitare e altri che non possono mancare?

«Il punto di riferimento è la Dieta Mediterranea, le cui indicazioni vengono sempre considerate come obiettivo a cui tendere. Si cerca tuttavia di concentrarsi maggiormente su cosa è utile aggiungere per avvicinarsi ad uno stile sano piuttosto che cosa andrebbe ridotto o limitato. La domanda a cui si vuole rispondere è: che cosa manca nella mia alimentazione e devo iniziare a inserire? In quale modo posso inserirlo? Il fatto di aggiungere alimenti utili – si parla in particolare di frutta, verdura, legumi, cereali integrali– toglie spazio ad altri alimenti dovrebbero essere meno presenti nella nostra alimentazione. Il concetto, rispetto a prima, è ribaltato: non viene lasciata una lista di alimenti a cui rinunciare, semplicemente si lavora sull’inserimento, nella giornata alimentare, di alimenti che dovrebbero essere maggiormente presenti sulle tavole».

A quale percorso si deve sottoporre il paziente per ottenere buoni risultati di diminuzione del proprio peso?

«La prima visita, in Humanitas Medical Care di Almè è di solito l’incontro più lungo, durante il quale vengono condivise e valutate tutte le abitudini inerenti alimentazione e stile di vita, l’attività fisica svolta, l’organizzazione della giornata e della settimana alimentare. In seguito alla visita viene elaborato un piano alimentare personalizzato che tiene conto di tutte le informazioni ricevute. Seguono poi visite di controllo dove di volta in volta vengono valutate insieme difficoltà, progressi e nuovi cambiamenti necessari al raggiungimento degli obiettivi concordati».

Quali sono i tempi per cominciare a vedere qualche buon risultato?

«Se si intende il calo di peso, i primi risultati si possono vedere già dopo il primo mese di percorso. In realtà l’obiettivo deve essere più ampio. La variazione di peso deve essere conseguenza di sane e piacevoli abitudini, di modifiche positive allo stile di vita e alimentare che si è in grado di mantenere nel tempo. L’essenziale è inserire abitudini positive che hanno come conseguenza diretta e inevitabile il raggiungimento di un peso sano per la singola persona. Da qui l’importanza della personalizzazione della cura: grazie alla rielaborazione dei dati raccolti nella prima visita è possibile costruire la dieta adatta a ognuno, quella che permette di affrontare nel tempo le problematiche collegate ad uno scorretto stile di vita ed alimentare, tra cui anche spesso, l’eccesso di peso».

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