Alimentazione incontrollata: un disturbo alimentare subdolo

Il disturbo da alimentazione incontrollata, noto anche come Binge-Eating Disorder (BED), è uno dei disturbi alimentari e rientra nella famiglia di quelli che i medici e gli specialisti identificano con Disturbi Alimentari Non Altrimenti Specificati. La sua diagnosi è ad oggi al centro del dibattito scientifico e oggetto di numerose discussioni e controversie. Ne abbiamo parlato con il dottor Lanfranco Roviglio, dietologo in Humanitas Medical Care Busto Arsizio.

Alimentazione incontrollata: un disturbo alimentare subdolo

Il Binge-Eating Disorder “è un disturbo del comportamento alimentare subdolo, che spesso si nasconde dietro ad una semplice voglia o consolazione”, ha spiegato il medico. “E’ caratterizzato da abbuffate senza comportamenti di compenso che pongono termine con episodi bulimico, cioè di vomito autoindotto”.

Solitamente, i primi campanelli di allarme di questo disturbo compaiono – come spesso accade – nel periodo della tarda adolescenza, anche se vi sono casi in cui le crisi bulimiche fanno la loro apparizione nell’infanzia o in età adulta.

“Molti ci cascano spesso senza rendersene davvero conto – ha chiarito il dietologo -. In giornate più impegnative o in cui si è più nervosi, ci si rifugia a volte in biscotti o crackers oppure la sera si entra in cucina con un bisogno di qualcosa di piacevole come cioccolatini o patatine. Ecco, queste sono tipiche crisi di alimentazione incontrollata” che spesso “sono legata a fasi particolari della vita, momenti di maggiore tensione o delusione emotiva o lavorativa”. 

Una consolazione e una gratificazione, quella del cibo, che ha un forte legame con il nostro stato psico-fisico e che alcune persone cercano anche nel fumo, alcol, o nello shopping compulsivo fino al gioco d’azzardo.

Da un semplice sgarro all’abitudine: come influisce il cibo sul nostro cervello

Cibi molto dolci o molto salati, saporiti sono in grado di influire in modo ‘positivo’ sulla nostra mente grazie alla produzione di dopamina, ad esempio, e restituendoci una sensazione di gratificazione generale.

I criteri diagnostici

Il disturbo da alimentazione incontrollata può essere riconosciuto da un medico in seguito a: episodi ricorrenti di “attacchi di ingordigia” ingiustificata e fuori controllo, avere ad esempio la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare.

Inoltre, durante questi episodi si mangia più in fretta del normale, anche se non ci si sente fisicamente affamati; spesso chi ne soffre non condivide il momento del pasto o dello spuntino, mangia in solitudine o di nascosto perché prova imbarazzo o vergogna e successivamente tende a sentirsi disgustato e in colpa.

In termini di tempo, si riconosce e distingue un semplice sgarro o spuntino dal disturbo vero e proprio, quando gli episodi si verificano per almeno due giorni alla settimana in un periodo prolungato di almeno sei mesi.

Per questo i dietologi, una volta preso in cura un paziente, consigliano di tenere aggiornato un diario alimentare, utile per capire l’evoluzione del disturbo.

Come si interviene: i consigli dello specialista

“Non sempre è facile accettare di essere non solo in sovrappeso ma di avere un disturbo di cui pochi sono a conoscenza. E’ indispensabile quindi innanzitutto instaurare un corretto rapporto medico-paziente dove il primo dimostri spontanea empatia per la delusione e la tristezza di chi vede il suo sogno di dimagrire velocemente allontanarsi”, ha chiarito il dott. Roviglio. 

Una soluzione poi può essere trovata grazie alla terapia del B.E.D. non una dieta come comunemente si ritiene, ma un percorso più complesso: “è una sorta di viaggio a due in cui si procede per cambiare il rapporto col cibo e le emozioni che scatenano le perdite di controllo”, ha aggiunto il medico.

Il cambiamento e il miglioramento, infatti, è possibile procedendo per gradi: “dall’accettazione iniziale dell’aiuto offerto dal cibo per allontanare l’ansia, la rabbia fino al raggiungimento di compromessi e piccoli traguardi come la riduzione degli episodi di alimentazione compulsiva”.

“Analizzando insieme il ruolo svalutativo del senso di colpa che si accompagna ad ogni trasgressione, sarà facile modificare, gradualmente, la depressione e la sfiducia in se stessi”.

“I passi successivi saranno correggere il ‘sogno’ o l’illusione che solo un corpo longilineo ed un peso da adolescente possano far raggiungere la felicità ed il successo personale – ha detto lo specialista -. L’ ultimo aspetto da affrontare sarà la spinta a incrementare l’attività motoria, che deve diventare un appuntamento quotidiano, ed utilizzarla come una sorta di farmaco ansiolitico e antidepressivo, per tutta la durata della terapia”, ha concluso Roviglio.

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