Cardiomiopatia ipertrofica, come convivere con questa malattia

La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia genetica che spesso rimane asintomatica o non presenta sintomi evidenti ma che tuttavia, può portare a complicazioni anche gravi. Di cosa si tratta esattamente e come è possibile gestirla per prevenire i rischi? 

Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Elisabetta Cirò, cardiologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Monza.

Quali sono i sintomi della cardiomiopatia ipertrofica?

La cardiomiopatia ipertrofica spesso non viene diagnosticata perché molte persone non presentano sintomi, e conducono una vita normale senza significativi problemi. Tuttavia, nei casi sintomatici, il muscolo cardiaco ispessito può causare respiro affannoso, dolore toracico, sincope o presincope o alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie) fino alla morte improvvisa.

A quali complicazioni può portare la cardiomiopatia ipertrofica?

Molte persone con cardiomiopatia ipertrofica non hanno problemi di salute evidenti, ma le complicazioni della cardiomiopatia ipertrofica possono essere diverse e includere:

1 – Ostruzione alla fuoriuscita di sangue dal ventricolo sinistro. In molte persone, il muscolo cardiaco ispessito blocca il flusso sanguigno in uscita dal cuore, causando mancanza di respiro, dolore toracico, vertigini e svenimenti.

2 – Malfunzionamento della valvola mitrale. Se il muscolo cardiaco ispessito blocca il flusso sanguigno in uscita dal cuore, la valvola tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro (valvola mitrale) potrebbe non chiudersi correttamente. Di conseguenza, il sangue può tornare nell’atrio sinistro (rigurgito della valvola mitrale), portando ad un peggioramento dei sintomi.

3 – Aritmie. Il muscolo cardiaco ispessito può causare cambiamenti nel sistema elettrico del cuore, con conseguente battito cardiaco veloce o irregolare. L’aritmia più frequente è fibrillazione atriale che può anche aumentare il rischio di sviluppare coaguli di sangue (trombi)  che dall’atrio sinistro possono raggiungere il cervello e causare un ictus.

4 – Morte cardiaca improvvisa. Raramente, la cardiomiopatia ipertrofica può causare anche morte improvvisa dovuta ad aritmie fatali. Poiché molte persone con cardiomiopatia ipertrofica non si rendono conto di averla, la morte cardiaca improvvisa può essere la prima manifestazione della malattia. Può accadere in giovani apparentemente sani, come atleti o soggetti molto giovani.

 5 – Collasso fino all’arresto cardiaco. Dovuto ad ostruzione all’efflusso dal ventricolo sinistro. Inoltre il muscolo cardiaco ispessito può diventare troppo rigido per riempire efficacemente il cuore di sangue. Di conseguenza, il cuore non può pompare una quantità di sangue sufficiente a soddisfare le esigenze dell’organismo.

6 – Cardiomiopatia dilatativa. Il muscolo cardiaco ispessito può in alcuni pazienti assottigliarsi e diventare debole e inefficace. Il ventricolo si allarga (dilatandosi) e la sua capacità di pompaggio diventa meno potente.

Come è possibile diagnosticare la cardiomiopatia ipertrofica?

Si stima che 1 persona su 500 abbia la cardiomiopatia ipertrofica, ma alla maggior parte dei pazienti non viene diagnosticata. Conoscere la propria storia familiare e tutti i sintomi, potrebbe essere un primo passo importante per riuscire a diagnosticare questo disturbo precocemente.

La diagnosi generalmente viene effettuata attraverso un elettrocardiogramma che mostra segnali elettrici anomali dovuti all’ispessimento del muscolo cardiaco e soprattutto un ecocardiogramma che verifica lo spessore del muscolo cardiaco e il flusso di sangue all’interno delle cavità cardiache. Altri esami sono:

·  Risonanza magnetica nucleare: può fornire immagini del cuore di elevata qualità

.    ECG Holter: verifica la presenza di aritmie ventricolari e sopraventricolari

.    Test da sforzo: per verificare la risposta all’esercizio (pressione, aritmie)

·  Analisi DNA: per individuare eventuali difetti genetici

Quali sono i campanelli d’allarme? 

Il sospetto della malattia deve essere posto in pazienti con storia familiare nota di cardiomiopatia ipertrofica o di morte improvvisa, oppure in pazienti con un soffio cardiaco, un ECG anormale che mostri un inspiegabile quadro di ipertrofia (ad esempio in soggetti non ipertesi) e uno o più sintomi come dispnea, sincope, presincope, palpitazioni, dolore toracico.

È possibile praticare sport con la cardiomiopatia ipertrofica?

Storicamente, a tutti i pazienti con diagnosi probabile o certa di cardiomiopatia ipertrofica, è stata proibita la partecipazione alla maggior parte degli sport competitivi, con la possibile eccezione di quelli a bassa intensità (golf, yoga, bowling, cricket ecc).

Tuttavia le recenti Linee Guida (2020) della Società Europea di Cardiologia (ESC) suggeriscono un approccio meno restrittivo, per cui viene confermato che i pazienti con la malattia considerati (in base a parametri ben definiti) ad alto rischio per morte improvvisa non possano essere ammessi agli sport competitivi, mentre per quelli a basso rischio, hanno la possibilità di partecipazione a sport a livello ricreativo e anche agonistico, con l’indicazione a stretta valutazione periodica.

Come può essere trattata la cardiomiopatia ipertrofica?

Per la maggior parte dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica che rimangono asintomatici, in assenza di dati che dimostrino un beneficio della terapia medica sulla storia naturale della malattia, l’approccio preferito è quello della stretta osservazione clinica.

Nei pazienti sintomatici (angina e dispnea), viene prima esclusa la presenza di una malattia cardiaca concomitante (nei soggetti che presentano maggiori fattori di rischio); successivamente, vengono utilizzati farmaci di prima scelta, come beta-bloccanti e un altro farmaco simile, chiamato verapamil.

Nei pazienti con quadro di scompenso cardiaco senza ostruzione all’efflusso, il trattamento è quello classico dello scompenso cardiaco (ace-inibitori, beta-bloccanti, diuretici ecc).

In pazienti sintomatici per scompenso cardiaco con severa ostruzione all’efflusso e refrattari alla terapia medica, il trattamento di scelta è quello chirurgico, ovvero la miectomia settale che consiste nel rimuovere chirurgicamente parte del muscolo settale. In tale sede, è possibile anche correggere eventuali anomalie della mitrale e dei muscoli papillari. Ovviamente, si tratta di un intervento da eseguirsi in centri specializzati, con alti volumi di procedure chirurgiche di questo tipo e dimostrata bassa mortalità operatoria.

Per i pazienti ad alto rischio chirurgico o per quelli che preferiscono evitare la chirurgia, un’alternativa può essere la alcolizzazione del setto, che consiste nel creare un infarto localizzato del muscolo settale. Non è consigliabile tuttavia come prima scelta terapeutica.

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