Che cos’è la corioretinopatia sierosa centrale?

La corioretinopatia sierosa centrale (CRSC) è caratterizzata da una raccolta di fluido che compare al di sotto della porzione centrale della retina (la macula), causando costante annebbiamento visivo, fino alla perdita della visione centrale. Si associa ad un cattivo funzionamento o interruzione in un punto dello strato impermeabile che isola la retina dal sottostante strato vascolare, la coroide. Questo importante strato di isolamento, che contribuisce al benessere della retina, si chiama epitelio pigmentato e costituisce un’importante barriera al passaggio di sostanze, detta barriera emato-retinica esterna.

La CRSC è la malattia retinica non curabile chirurgicamente più frequente ed invalidante dopo la degenerazione maculare legata all’età, la retinopatia diabetica e le occlusioni venose, e coinvolge spesso persone di giovane età.

Ce ne parla la Dott.ssa Giovanna Vella, oculista incaricato delle Malattie della retina per gli ambulatori Humanitas Medical Care di Milano Domodossola, Milano De Angeli e Monza, diretti dal Dott. Fabrizio Camesasca.

Chi sono i soggetti più a rischio?

La CRSC colpisce prevalentemente gli uomini tra i 30 e i 50 anni. Si tratta prevalentemente di soggetti esposti a condizioni di stress prolungato o che presentano una personalità iperattiva, molto competitiva o aggressiva. Anche gli individui particolarmente introversi, soggetti ad alterazioni della personalità, sembrano essere più suscettibili alla CRSC. 

Quali sono le cause della corioretinopatia sierosa centrale?

Le reali cause della CRSC non sono ancora del tutto chiare: un elemento significativo, che accomuna quasi tutti i pazienti affetti, è lo stress, che rappresenta il principale fattore di rischio. Altre cause possono essere ricondotte all’utilizzo di terapia corticosteroidea; a condizioni che determinano un aumento del cortisolo endogeno, come ad esempio la malattia di Cushing, la gravidanza, l’ipertensione, il fumo, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, un pattern di personalità di tipo A, la sindrome da reflusso gastroesofageo e l’infezione da H. Pylori.

Tra i meccanismi che sembrano coinvolti nello sviluppo di questa malattia, ricordiamo l’ispessimento dell’impianto di vascolarizzazione posto al di sotto della retina (la coroide) e l’aumentata permeabilità dei vasi retinici, con conseguente disfunzione dell’epitelio pigmentato retinico e trasudazione di fluido tra l’epitelio pigmentato e la retina. 

Quali sono i sintomi della corioretinopatia sierosa centrale?

L’esordio della malattia è solitamente subdolo ed i sintomi coinvolgono quasi sempre un solo occhio per volta. Quelli maggiormente riferiti dai pazienti sono: 

·  visione appannata 

·  presenza di una macchia (scotoma) centrale 

·  riduzione della vista e distorsioni delle immagini (metamorfopsie)

·  visione è più scura, colori più sbiaditi

·  calo della vista da lontano

Spesso il paziente riferisce anche la sensazione “di vedere come se fosse sott’acqua”.  

Come viene diagnosticata la corioretinopatia sierosa centrale?

In presenza dei sintomi sopra citati, è essenziale sottoporsi a un esame del fondo oculare. Inoltre, l’esame strumentale OCT (tomografia a coerenza ottica) permette di confermare e dettagliare con grande precisione di immagini il sospetto diagnostico: le scansioni mettono in evidenza il sollevamento della retina per la presenza di fluido. Altro esame diagnostico importante è la fluorangiografia retinica, che consente di visualizzare con precisione i margini dell’area della lesione ed indirizzare il medico specialista nella scelta terapeutica. 

Nonostante le opportune indagini del medico oculista, la causa della CRSC rimane in realtà solitamente sconosciuta, risolvendosi nella stragrande maggioranza dei casi spontaneamente nel giro di 3-4 mesi (forma acuta).

La prognosi visiva è buona, ma fino al 50% dei pazienti può ricadere nella malattia entro un anno. Alcune persone possono essere affette da una forma cronica di malattia, con prognosi visiva peggiore e persistenza dei distacchi sierosi retinici; inoltre, possono associarsi complicanze come perdita del tessuto retinico (atrofia) e/o sviluppo di nuovi vasi a livello della macula che provocano un importante calo della vista. È fondamentale farsi seguire da uno medico oculista che sia specialista nelle malattie della retina e possa prescrivere gli esami più opportuni, monitorando così lo stato di salute della retina

Come può essere trattata la corioretinopatia sierosa centrale?

Idealmente, il trattamento dovrebbe prevenire le recidive di malattia e la progressione del danno. Come prima misura, è importante individuare ed eliminare la presenza degli eventuali fattori di rischio, come ad esempio, l’assunzione di qualsiasi forma di corticosteroidi. Spesso, inoltre, è consigliato un miglioramento dello stile di vita, in particolare l’eliminazione di fattori stressanti.

Numerose terapie farmacologiche sono state tentate negli anni per la cura della CRSC. I farmaci che hanno destato maggiore interesse sono: acetazolamide, betabloccanti, rifampicina, finasteride, methotrexate, eplerenone. Gran parte di questi sono stati sperimentati per la loro azione anti steroidea, data l’importanza che viene data all’eccessiva presenza di cortisone nel meccanismo causale della CRSC. Nessuna di queste terapie, però, ha dato finora una chiara dimostrazione di efficacia. 

Tra gli approcci terapeutici proposti citiamo la fotocoagulazione laser. Risulta utile a “chiudere” i difetti a livello della barriera emato-retinica esterna che si individuano mediante l’esame fluorangiografico. Un ulteriore approccio terapeutico è rappresentato dalla terapia fotodinamica (PDT), che sfrutta la stimolazione laser dei vasi coroideali, sempre tenendo in considerazione i difetti retinici riscontrati alla fluorangiografia. 

Come si vive con la corioretinopatia sierosa centrale?

Convivere con una maculopatia può comportare necessità specifiche e limitazioni quotidiane. Ma un buon rapporto medico-paziente ed un adeguato supporto diagnostico e terapeutico sono alla base di un trattamento volto a ridurre il rischio di recidive e, di conseguenza, la progressione del danno retinico.

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Dr.ssa Giovanna Vella
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