Depressione o semplice tristezza da Covid?

Relazioni umane sempre più virtuali, occasioni sociali ridotte al minimo, incertezza economica e impossibilità di programmare il futuro. Sono solo alcuni dei principali fattori di stress che contribuiscono e contribuiranno ad un diffuso disagio emotivo e ad un aumento del rischio di malattie psichiatriche associate a Covid-19. 

Reazioni naturali e nuove forme di disagio 

In un simile contesto, è del tutto naturale avvertire insicurezza, confusione e isolamento emotivo. Queste reazioni normali, fisiologiche, se da una parte compaiono per proteggerci e metterci allerta, dall’altra possono causare uno stress prolungato, soprattutto quando intense e prolungate. Stress che si traduce spesso in comportamenti malsani, come l’uso eccessivo di psicofarmaci e sostanze stupefacenti, o nel mancato rispetto delle direttive di salute pubblica, come il distanziamento o le vaccinazioni.

Inoltre, sono emerse alcune forme di disagio “nuove”, che stiamo imparando a conoscere e che prima del Covid-19 erano poco espresse o assenti; è il caso della “stanchezza emotiva” e della “fatica da videocall”. Esiste poi un’emozione – che spesso viene erroneamente considerata un sintomo che definisce nel linguaggio comune una patologia – da sempre molto frequente e invalidante e oggi più che mai diffusa a causa della pandemia: la tristezza

La depressione non è la versione patologica della tristezza

La tristezza è una delle emozioni primarie – le sei emozioni fondamentali descritte da Paul Ekman – alla base del nostro cervello emotivo e anche degli esseri viventi non umani. Un’emozione difficile da vivere a cui non sempre è facile dare un significato di utilità. Ma tutte le emozioni, anche la tristezza, hanno un significato profondo di adattamento. Le emozioni sono patologiche quando non sono coerenti con la situazione che stiamo vivendo oppure non sono utili per superare un momento difficile. 

La tristezza è un’emozione che spesso si associa ad un altro termine, considerato la sua variante patologica, la depressione. La depressione non è però l’estremo patologico della tristezza.

Il termine depressione, dal punto di vista clinico, definisce una malattia mentale: una sindrome che non è caratterizzata semplicemente da una profonda e grave tristezza, ma da qualcosa di qualitativamente diverso, di pervasivo, immobile e inamovibile nell’esperienza della persona. 

Come riconoscere la depressione

Una persona depressa ha manifestazioni mimiche, comportamenti che pur tipici non permettono di distinguerla da una condizione di tristezza o demoralizzazione. L’umore triste, lo sguardo abbassato, la facilità di pianto sono comuni. È inoltre rallentata, sia nel pensare che nel muoversi, sembra quasi sospesa; non ha energie. Tuttavia ci sono alcune caratteristiche che più facilmente si accompagnano alla vera e propria depressione patologica e sono la mancanza di volontà e iniziativa e la perdita della capacità di provare piacere, meglio nota come anedonia.  Spesso si associano problematiche del sonno, tipicamente quella forma di insonnia che ti fa svegliare presto al mattino, troppo presto, e ti tiene sveglio con rimuginazioni, pensieri negativi, sensi di colpa. 

Queste sono caratteristiche tipiche della depressione-malattia, che infatti si associa spesso ad alterazioni dei ritmi endocrini circadiani che secondo recenti teorie psicobiologiche è la base dei disturbi dell’umore.

Una tristezza fisiologica, normale, riesce ad essere permeabile e responsiva agli stimoli esterni. Per quanto una persona sia triste, può ridere e provare piacere in certi momenti, per battute, momenti di ilarità, è ancora in grado di provare piacere. Non è così per una persona depressa, che tende ad essere impermeabile e refrattaria agli stimoli emotivi esterni. 

Come distinguere tristezza e depressione

È difficile riuscire a definire la depressione e distinguerla dalla tristezza; non ci sono termometri o radiografie che possano aiutare, non esiste alcun virus da rintracciare nel sangue. Nonostante questo, i professionisti della salute mentale – psichiatri e psicologi – si allenano ad osservarla, entrando in empatia con l’esperienza individuale e soggettiva della persona che hanno di fronte.

Il paziente depresso si rende conto con sofferenza che quello che sta provando è diverso dal normale, è a disagio per questo cambiamento interno, se ne dà la colpa, un sentimento centrale nell’esperienza di chi è depresso. In loro si esaurisce la volontà. Questa è una differenza centrale rispetto alla tristezza: la tristezza rappresenta quello che noi proviamo quando il desiderio incontra i suoi limiti, quando ci confrontiamo con una realtà che non è propriamente come la vorremmo. Ma questa emozione ci porta all’azione per metabolizzare e superare il momento difficile, il lutto, la perdita. La tristezza promuove l’adattamento, la depressione no. 

Intervenire per ritornare a governare le proprie emozioni. 

Il primo passo è chiarire con l’aiuto di uno specialista se il calo dell’umore e dell’energia siano espressione di tristezza e demoralizzazione oppure di una vera e propria depressione patologica.

In questo periodo di confusione, perdita, cambiamento, fatica, è tanto comprensibile quanto facile essere tristi. Non è altrettanto facile saper gestire questa emozione per adattarci al meglio a tutto quello che viviamo, soprattutto per il periodo eccezionale che sta modificando le nostre abitudini e i nostri comportamenti, facendoci perdere i punti di riferimento senza darci nessuna certezza. 

Gli esperti delle emozioni aiutano proprio in questo: nel dare un senso alla tristezza, non solo a curare la depressione. 

Quando invece, una depressione vera e propria prende possesso delle nostra mente e la nostra vita è importante scegliere il progetto terapeutico più corretto, che spesso può avvalersi dell’uso di specifici farmaci ad azione antidepressiva.

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