Gammopatie Monoclonali, di cosa si tratta?

Le gammopatie monoclonali sono alterazioni di laboratorio molto frequenti che colpiscono soprattutto i soggetti anziani, spesso indirizzati dal proprio medico curante all’ematologo, per richiedere maggiori controlli. È una condizione che talvolta mette in allarme i pazienti. Ma di cosa si tratta esattamente?

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Daniela Lambertenghi, medico ematologo presso il centro Humanitas Medical Care De Angeli a Milano, che ci ha dato alcuni consigli per intraprendere un percorso diagnostico facile e senza preoccupazioni.

Gammopatie monoclonali, di cosa si tratta?

Le Gammopatie Monoclonali di Incerto Significato (MGUS) sono caratterizzate dalla presenza nel sangue o nelle urine di una proteina anomala denominata in vari modi: paraproteina, proteina monoclonale o M proteina. Il riscontro è spesso occasionale, in

seguito ad un routinario controllo ematologico, in particolare di un esame chiamato “elettroforesi delle proteine”. Un esame che evidenzia nella zona delle gammaglobuline un caratteristico picco, stretto, allungato “a campanile”, definito “monoclonale”, perché

contiene un solo tipo di proteina di tipo IgG o IgM o IgA.

L’incidenza complessiva delle MGUS nei soggetti di età superiore ai 50 anni è del 3,4%. Con l’aumentare dell’età l’incidenza aumenta progressivamente: a 80 anni è del 4,6%, oltre gli 80 anni è pari al 6,6%. Nella maggior parte dei casi il picco monoclonale è di tipo IgG e dal punto di vista quantitativo di entità medio-piccola (inferiore a 1 g/dl). Meno frequenti sono le MGUS di tipo IgM o IgA.

Perché crea allarmismo?

Le MGUS sono dovute ad un’alterazione delle cellule del sangue che producono la proteina monoclonale, chiamate plasmacellule.

Sono in genere considerate di natura “benigna”. Il paziente non segnala disturbi e non vengono prescritti specifici trattamenti. Tuttavia, si ritiene che l’1% dei pazienti presenta annualmente un rischio di progressione verso una malattia chiamata mieloma multiplo. Per questo motivo le MGUS vengono considerate una condizione pre-morbosa, che richiede una costante osservazione clinico-laboratoristica nel tempo.

Non si conosce ancora esattamente cosa alteri la plasmacellula e la induca a produrre la proteina anomala. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’insorgenza delle MGUS è associata ad alcune infezioni e ad alcune malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide.

Visita dal medico ematologo

Nel caso di primo riscontro di MGUS è opportuno che il paziente si rechi dallo specialista ematologo per un inquadramento clinico e la prescrizione di esami più approfonditi del sangue e delle urine, e anche di esami radiologici dello scheletro. Il controllo sistematico dei parametri ematici e urinari è necessario per identificare

precocemente la progressione della gammopatia verso il mieloma multiplo. I livelli di componente monoclonale, il tipo di componente monoclonale (IgG, IgA o IgM) e la quantità delle catene leggere libere nel siero e nelle urine permettono di suddividere i pazienti in quattro gruppi prognostici: i pazienti a basso rischio che possono essere seguiti anche da proprio medico curante ogni 2 anni; i pazienti di gruppo intermedio

che necessitano di controlli ogni 6 mesi; infine i pazienti ad alto rischio di evoluzione che necessitano invece un controllo più frequente, ogni 2-3 mesi, da parte dello specialista ematologo.

Il paziente con MGUS è nella maggior parte dei casi asintomatico e non necessita terapia. Ma se inizia a lamentare sintomi come l’affanno, la febbre, la perdita di peso e soprattutto i dolori ossei localizzati in punti ben precisi (come il bacino, gli arti, e la colonna vertebrale), il paziente sarà indirizzato dallo specialista ad ulteriori accertamenti e ad una programmazione terapeutica adeguata.

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Dott.ssa Daniela Lambertenghi
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