Metatarsalgia: combattere il dolore e tornare a camminare

Il dolore della porzione anteriore della pianta del piede viene definito come metatarsalgia.  È un sintomo molto comune, spesso invalidante, presente soprattutto nel piede cavo e nel sesso femminile. Si accompagna spesso a callosità plantari dolorose la cui entità e gravità può, nei casi più gravi, arrivare a vere e proprie ulcerazioni della cute. Può essere trattata con la tecnica percutanea PBS, utilizzata abitualmente dalla dottoressa Myriam Cecchi, medico chirurgo specializzato in ortopedia, traumatologia e chirurgia del piede, presso il centro Humanitas Medical Care di Varese

Le cause della metatarsalgia 

La metatarsalgia è l’effetto di un carico sbilanciato sull’avampiede, dovuto a deformità ossee e a eccessiva sporgenza plantare delle ossa metatarsali.

Le cause di questa deformità possono essere molteplici, da quelle traumatiche (fratture metatarsali, dell’avampiede o delle articolazioni del mesopiede) oppure costituzionali (piede cavo congenito,acquisito o neurologico); eccessiva lunghezza di alcuni metatarsi, o la presenza di un alluce valgo in aggravamento che comporta, a causa dell’insufficienza del primo raggio, uno spostamento del carico sui metatarsi vicini.

Naturalmente, nell’approccio clinico, sarà necessario distinguere la metatarsalgia meccanica (dovuta ad anomalie scheletriche) da una metatarsalgia diversa e talvolta, addirittura, coesistente, dovuta a una patologia dei nervi intermetatarsali costituita dal neuroma di Civinini – Morton, che va trattata in maniera diversa.

Diagnosi

La diagnosi si basa sull’esame clinico e la constatazione della sporgenza plantare delle teste metatarsali, il cavismo del piede e la presenze delle suddette callosità che possono essere localizzate in corrispondenza di uno, più o tutti i metatarsi.

L’osservazione clinica è supportata da radiografia.

Nel caso in cui vi sia un dubbio sulla presenza di una patologia diversa da quella ossea, sarà necessario eseguire un’ecografia o una risonanza magnetica.

La metatarsalgia strutturale scheletrica spesso si accompagna ad altre deformità molto comuni dell’avampiede: alluce valgo, dita a martello, e nei casi più gravi, a lussazione delle dita al di sopra del metatarso.

Trattamento

Fase iniziale: quando la deformità dell’avampiede è facilmente riducibile manualmente, provocando con le dita una spinta dorsale dei metatarsi, si può consigliare l’uso di un plantare personalizzato che aiuti a ridurre l’appoggio metatarsale e ridurre di conseguenza la formazione delle callosità.

Fase avanzata: quando il plantare non è più sufficiente è necessario e risolutivo l’intervento chirurgico. A tal fine, le tecniche utilizzate in chirurgia ortopedica sono molteplici ma la tecnica percutanea PBS costituisce una vera e propria rivoluzione in questo campo.

Si tratta di un approccio non invasivo: 

  1. Rispetta i tessuti perché come dice il nome viene praticata attraverso la cute senza alcuna incisione chirurgica (quindi assenza di cicatrici chirurgiche)
  2. Non vengono utilizzati mezzi di sintesi (chiodi, viti, placche, etc)
  3. Si esegue in anestesia locale
  4. Deambulazione immediata (il paziente è subito indipendente)
  5. Assente o molto limitato il dolore così come le complicanze post operatorie
  6. Intervento rapido ed eseguito in Day hospital.

La tecnica percutanea PBS si utilizza per curare anche tutte le patologie associate, quindi oltre alla metatarsalgia:

  • Alluce valgo
  • Dita a martello
  • Ipermetrie metatarsali
  • Quinto dito varo
  • Lussazioni dell’avampiede
  • Deviazioni laterali e sovrapposizioni delle dita

Come si esegue la tecnica PBS

Si esegue introducendo piccole frese (simili a quelle utilizzate dai dentisti) attraverso dei forellini sulla cute al di sopra dei segmenti ossei da correggere. In tal modo, si eseguono delle piccole fratture che permettono il rimodellamento manuale del piede. La correzione così ottenuta viene fissata da una fasciatura o taping, rinforzata da cerotti. La deambulazione a pieno carico viene concessa immediatamente così che le fratture, lasciate libere e non fissate con mezzi di sintesi, possano spostarsi completando così la correzione in modo fisiologico.

Ortopedia e Traumatologia
Dr.ssa Myriam Cecchi
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