Occhio secco: perché è così comune?

La sindrome dell’occhio secco (o sindrome da disfunzione lacrimale) è uno dei disturbi più frequenti nella popolazione, ma anche uno dei più sottovalutati e misconosciuti. Si stima infatti che in Italia ne soffra il 90% delle donne in menopausa e il 25% degli adulti di età superiore ai 50 anni.

Ne abbiamo parlato con il dott. Matteo Prencipe, medico oculista presso il servizio di oculistica di Humanitas Medical Care Varese, Arese, Lainate e Monza, diretto dal dott. Fabrizio Camesasca.

Quali sono i sintomi dell’occhio secco?

Bruciore, arrossamento oculare, sensazione di corpo estraneo, sensibilità alla luce, visione velata, eccessiva lacrimazione: sono solo alcuni dei sintomi più diffusi.

“La superficie oculare è protetta da una sottile pellicola in continuo ricambio, chiamata film lacrimale. Questa barriera protettiva ha una composizione complessa, con diverse sostanze in equilibrio tra loro”, spiega il dott. Prencipe. “La sindrome dell’occhio secco può quindi manifestarsi per eccessiva evaporazione delle lacrime (dislacrimia), oppure per ridotta produzione lacrimale (ipolacrimia), rendendo i nostri occhi più vulnerabili agli agenti esterni”.

La lacrima, inoltre, costituisce la prima superficie ottica dell’occhio. Infatti, la goccia d’acqua in natura rappresenta una sfera perfetta. Quindi il film lacrimale conferisce regolarità e migliori capacità ottiche alla cornea, la prima lente dell’occhio. Un film disturbato riduce anche la qualità visiva.

Quali sono le cause?

La sindrome dell’occhio secco è una patologia cronica, influenzata anche da fattori ambientali, e può condurre a lesioni della superficie oculare e deficit visivi nei casi più gravi.

“L’evaporazione eccessiva può essere legata a diversi fattori: l’età avanzata, la menopausa, l’alterazione delle ghiandole adibite alla produzione della componente oleosa del film lacrimale  – legata a infiammazione delle palpebre (blefariti), o a infezioni (congiuntiviti) – l’uso protratto di lenti a contatto, l’utilizzo cronico di colliri per la terapia del glaucoma, ed infine anche l’assunzione di alcuni farmaci (ad esempio ormoni, immunosoppressori, decongestionanti, antistaminici, diuretici, antidepressivi, betabloccanti)”, dichiara il dott. Prencipe. “Inoltre”, continua, “l’uso prolungato dei computer o degli schermi in generale e un ambiente molto secco o non correttamente condizionato possono contribuire ad alterare il film lacrimale.” Infatti, l’uso del PC, richiedendo costante concentrazione, riduce la frequenza con cui sbattiamo le palpebre e distribuiamo le lacrime sulla superficie oculare. Il risultato finale è un frequente fastidio oculare dopo lavoro davanti allo schermo, e una ridotta qualità visiva.

Una minor produzione lacrimale può talvolta essere manifestazione di una malattia sistemica, in particolare patologie autoimmuni come artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, sclerodermia o sindrome di Sjogren. Ecco perché è importante rivolgersi ad uno specialista oculista quando si avvertono i sintomi descritti.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi della sindrome dell’occhio secco viene stabilita dal medico oculista tramite un’anamnesi accurata, la valutazione clinica e alcuni semplici esami come il test di Schirmer, il test del Break Up Time (B.U.T.) e la colorazione con fluoresceina o verde di lissamina.

“La visita è fondamentale per inquadrare eventuali disfunzioni delle ghiandole di Meibomio a livello palpebrale, responsabili della secrezione oleosa, che consentono al film lacrimale di non evaporare rapidamente e proteggere la superficie oculare”, continua il dott. Prencipe. “Il test di Schirmer dura pochi minuti e consente di quantificare la nostra produzione di lacrime tramite posizionamento di una cartina assorbente. La colorazione con fluoresceina ci permette invece di valutare sia il Break Up Time, ovvero l’integrità e la durata del nostro film lacrimale, sia la presenza di eventuali lesioni della superficie oculare”.

Come si tratta?

La sindrome dell’occhio secco è una malattia cronica e a oggi non esiste una terapia curativa. Tuttavia, è possibile trattare i sintomi tramite la prescrizione di una terapia appropriata.

È molto importante evitare auto-medicazioni senza consultare uno specialista. Infatti, i colliri lubrificanti non sono tutti uguali”, aggiunge il dott. Prencipe. “La terapia sostitutiva prevede l’utilizzo di colliri o gel specifici che mimano le caratteristiche del fisiologico film lacrimale. Talvolta possono essere anche necessarie l’associazione con antinfiammatori topici e l’accurata igiene palpebrale a seconda dei meccanismi sottostanti il disturbo”, conclude lo specialista.

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