Il Pap-test è un semplice esame di prevenzione nel corso del quale si prelevano alcune cellule dal collo dell’utero (tramite una piccola spatola di legno) e dal canale cervicale (per mezzo di uno spazzolino morbido o di una specie di cotton fioc). Le cellule vengono poi fissate su un vetrino ed esaminate in laboratorio per individuare precocemente un eventuale tumore.
Da quando è stato introdotto ed è diventato una pratica molto comune tra le donne, la mortalità per cancro della cervice uterina è diminuita drasticamente.
Ci siamo rivolti agli specialisti di Humanitas per avere maggiori informazioni, per sapere quando occorre sottoporsi a questo esame e con quale frequenza.
Come avviene l’esame del Pap-test?
Il Pap-test classico, effettuato tramite il raschiamento di alcune cellule dal collo dell’utero o dal canale cervicale, va ripetuto spesso, perché potrebbero non essere state prelevate cellule maligne presenti in una piccola area.
Invece, con il cosiddetto Pap-test con lavaggio, cioè con la raccolta del liquido ottenuto con un lavaggio ad alta pressione della cervice uterina, si possono allungare i tempi dei controlli; questo perché le cellule rimaste in tale liquido provengono da tutta la parete dell’utero e, quindi, il rischio di non notare un’alterazione pericolosa è meno elevato. Questa tecnica è valida, però, solo se l’esame viene fatto entro tre anni dal primo rapporto sessuale e comunque non oltre i 21 anni, mentre dopo i 30 anni e dopo tre risultati negativi di seguito, è possibile eseguirlo con scadenza biennale.
Da che età bisogna iniziare a fare il Pap-test classico? E quando non è più necessario?
È consigliabile eseguire la visita ginecologica e il Pap-test poco tempo dopo i primi rapporti sessuali, di ripeterlo dopo un anno e poi, a seconda di quanto emerge dal controllo, ogni 2 anni. La visita ginecologica è molto importante perché consente, insieme al Pap-test, di ampliare gli accertamenti eseguendo una colposcopia o una biopsia della cervice uterina se i risultati segnalano una sospetta lesione pre-tumorale (che sul referto viene segnalata come CIN). Lo stesso vale per i pazienti con infezioni virali (in particolare da HPV, il virus del papilloma che è la causa principale dei tumori della cervice uterina). L’intervento terapeutico, se avviene in stadi precocissimi, consente di evitare l’evoluzione in lesioni ben più gravi.
Dopo i 70 anni e dopo dieci anni di risultati nella norma lo screening può essere effettuato meno frequentemente, ma non sospeso del tutto.
Con quale frequenza si consiglia di fare il Pap-test?
Fino a oggi si è raccomandato di eseguire il test ogni anno ma, secondo le nuove indicazioni dei medici americani, si possono distanziare i controlli di due o tre anni se la situazione è normale, poiché il tumore del collo dell’utero cresce molto lentamente e anche un esame meno frequente è in grado di individuarlo in tempo per mettere in atto una terapia non troppo aggressiva. Grazie alla diagnosi precoce c’è la possibilità di non dover asportare tutto l’utero (intervento molto penalizzante soprattutto per le donne più giovani), ma di limitarsi alla cosiddetta “conizzazione”, cioè all’eliminazione di una specie di cono di tessuto intorno all’area dove stanno proliferando le cellule tumorali, lasciando intatto il resto dell’organo.
Le donne, in generale, sono consapevoli dell’importanza di questo esame?
Purtroppo il primo Pap-test raramente viene eseguito secondo le linee guida; spesso è sollecitato dal ginecologo quando la giovane paziente si sottopone a una visita per problemi di infezione o perché richiede una contraccezione.
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