Prostatite, come riconoscerla?

La prostata è un ghiandola che fa parte, assieme alle vescicole seminali e alle ghiandole bulbari di Cowper, dell’apparato genitale maschile. È situata sotto la base vescicale ed è attraversata dall’uretra (tratto intraprostatico) dove a livello del veru montanum sboccano i due dotti eiaculatori della via spermatica.

La sua funzione è quella di contribuire (assieme alle secrezioni delle vescicole seminali e delle ghiandole di Cowper) alla formazione dello sperma. Circa un terzo dell’eiaculato è prodotto dalla prostata e assieme agli spermatozoi ne costituisce la prima porzione.

Tra le patologie che possono colpire la prostata, le prostatiti sono la maggior parte di esse. 

Ne abbiamo parlato con il dott. Sergio Bernasconi, urologo presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care Varese.

Cos’è la prostatite?

La prostatite è una situazione infiammatoria che colpisce il tessuto ghiandolare prostatico che si presenta un modo multiforme.

Per poter classificare in modo univoco le varie forme, nel 1977, una consensus conference negli U.S.A. ha elaborato la classificazione NIH (National Institutes of Health), in uso attuale, che suddivide le prostatiti in quattro categorie.

  • Prostatite batterica acuta (NIH di primo tipo)
  • Prostatite batterica cronica (NIH di secondo tipo)
  • Prostatite non batterica cronica/dolore pelvico cronico (NIH di terzo tipo)
  • Prostatite asintomatica infiammatoria (NIH di quarto tipo)

Faremo riferimento alle forme più frequenti, cioè, quelle per cui si ricorre maggiormente all’urologo: le prime due.

Entrambe sono causate da batteri analoghi a quelli responsabili delle infezioni urinarie. L’Escherichia coli è il ceppo predominante tra i GRAM negativi; con minore frequenza Proteus sp., Klebsiella, Enterobacter, mentre Pseudomonas e Serratia solitamente sono da infezione ospedaliera. Tra i GRAM positivi l’Enterococcus faecalis.

Raramente i batteri anaerobi obbligati provocano un’infezione prostatica.

  • Prostatite batterica acuta

È caratterizzata da un quadro clinico impegnativo con insorgenza acuta di rialzo termico (fino oltre 40°C) associata a brivido, pollachiuria (stimolo ad urinare requente), minzione imperiosa (urgenza), disuria (difficoltà ad urinare), stranguria (dolore), spesso presenza di ematuria (sangue nelle urine) macroscopica.

Possono essere associati dolori perineo-scrotali e sacrali, mialgia diffusa.

È una situazione grave che può richiedere il ricovero in caso di elevate temperature, necessità di terapia endovenosa, ritenzione acuta di urina (RAU), stato settico.

La terapia si basa sull’uso di antibiotici a largo spettro soli o in associazione: fluorochinolonici, cefalosporine di III generazione, aminoglucosidi.

Per una completa guarigione dopo la risoluzione della fase acuta la terapia antibiotica andrebbe proseguita per altri 30 giorni.

  • Prostatite batterica cronica

È solitamente la conseguenza di forme acute non adeguatamente trattate, ma vi sono anche forme apparentemente primitive legate a cariche batteriche meno aggressive.

La maggior parte dei pazienti lamenta sintomi irritativi urinari come, disuria, stranguria, pollachiuria, urgenza, dolenzia pelvica o genitale.

In alcuni casi è un paziente che consulta l’urologo per dolori alla eiaculazione talora associata ad eiaculazione precoce oppure emospermia (sangue nello sperma).

Un’infiammazione epididimo-deferenziale anche in assenza di sintomi urinari è sempre espressione della presenza di prostatite batterica non acuta di cui ne rappresenta la diffusione lungo la via spermatica.

La diagnosi si basa sulla ricerca batterica nelle urine e sul liquido spermatico per permettere attraverso l’antibiogramma una corretta scelta dell’antibiotico.

Anche in questo caso la cura deve essere prolungata almeno per sei-otto settimane.

La guarigione delle forma batteriche deve essere confermata dalla assenza di crescita batterica nelle urine e nello sperma.

I pazienti con prostatite batterica cronica che non sono guariti e, se hanno un’età adeguata (almeno oltre la quinta decade di vita) sono candidati a trattamento chirurgico mediante resezione trans- uretrale della prostata (TUR-P). I risultati sono solitamente buoni.

Dopo la guarigione completa solitamente non esitano reliquati significativi se si esclude la possibilità di sterilità se come complicanza fosse insorta una epididimite bilaterale.

Quali sono i fattori di rischio?

I fattori di rischio per le forme batteriche sono: la presenza di carica batterica infettante nella bassa via urinaria non conosciuta o non adeguatamente trattata, l’ipertrofia della prostata, la stenosi uretrale, le malattie sessualmente trasmesse da batteri difficili e tra questi soprattutto quelle da Chlamydia (vi è prevalenza negli under 35), la presenza di catetere uretrale a permanenza.

Cosa succede se una forma cronica asintomatica non viene trattata? 

L’evenienza più probabile è quella di una riacutizzazione della infezione, anche in modo acuto, o la comparsa di interessamento della via spermatica (epididimite).

La persistenza di infezione cronicizzata altera la composizione dello sperma, la quale associata alla presenza di batteri danneggia gli spermatozoi (riduzione della mobilità, agglutinazione) provocando infertilità.

La ricerca di una prostatite cronica è una delle indagini che vengono eseguite sui pazienti che si presentano a visita per sterilità.

Quando rivolgersi all’urologo?

Nelle forme acute è quasi sempre ovvio per il paziente recarsi a visita appena la situazione sia migliorata; nelle forme croniche ogni volta che, dopo una terapia impostata dal medico curante, il paziente non abbia avuto beneficio.

Sarà poi l’indagine da parte dello specialista che potrà formulare una diagnosi e porre distinzione tra le forme, compresa la terza forma (prostatite cronica abatterica /dolore pelvico cronico), mentre la quarta è solitamente identificata successivamente ad un esame istologico su tessuto prostatico (biopsia o materiale chirurgico). 

Urologia
Dott. Sergio Bernasconi
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