Gioco d’azzardo, quando è patologico?

Il gioco è un comportamento normale e utile per la maggior parte delle persone; tuttavia, per alcune, può diventare patologico.

Il gioco patologico è sempre e solo il gioco d’azzardo (gambling) e diventa tale quando, da attività piacevole ed eccitante, diventa una dipendenza, grave e distruttiva, con conseguenze devastanti sulla vita relazionale, familiare, lavorativa e ricreativa (con conseguenze gravi anche da un punto di vista legale), della persona.

Ce ne parla la dott.ssa Paola Mosini, psicologa presso il centro Psico Medical Care di Humanitas.

Che cos’è il Gioco d’azzardo patologico?

Il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) è un disturbo mentale, riconosciuto tale dalla comunità scientifica internazionale nel 1980, quando l’associazione degli psichiatri americani ha ritenuto opportuno inserirlo tra i disturbi psichici nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III). 

La caratteristica principale del GAP è un “comportamento persistente, ricorrente, e maladattivo di gioco d’azzardo che compromette le attività personali, familiari, o lavorative” (APA, 2000). 

Il disturbo da gioco d’azzardo è a tutti gli effetti una dipendenza patologica, spesso nascosta, scoperta solo dai familiari quando ormai la situazione finanziaria è altamente compromessa.

L’ormai vastissima proposta di gioco d’azzardo, con il gioco on line, e le scarse informazioni sulle realistiche probabilità di vincita stanno rendendo questo fenomeno un problema di salute pubblica di dimensioni sempre più rilevanti.

Quali sono le caratteristiche del giocatore d’azzardo patologico?

Quella dei giocatori è una categoria eterogenea, così come del resto lo è anche il percorso che porta allo sviluppo della dipendenza.

In letteratura sono descritte tre diverse fasi che il paziente attraversa nello sviluppo del Gioco d’Azzardo Patologico (Lesieur & Rosenthal, 1991; Guerreschi et al., 2000; Ravizza et al., 2000):

  1. fase di vincite o fase vincente
  2. fase di perdite o perdente
  3. fase della disperazione

Nella storia di un giocatore patologico è sempre rintracciabile una fase vincente: il paziente ha avuto una grossa vincita, è euforico, gioca per divertirsi più che per guadagnare. “Il soggetto sente che può controllare il gioco, che può influenzare il fato, che continuerà a vincere”.

Tuttavia, questa fase è quasi sempre seguita da una serie di perdite al gioco e il giocatore cerca di recuperare i soldi giocando somme di denaro sempre maggiori, iniziando a contrarre debiti di gioco (spesso mentendo ai familiari), arrivando a compiere anche azioni illegali, manifestando tutti sintomi tipici della dipendenza: sta male se non gioca, è irritabile, ansioso, aggressivo, pensa solo al gioco smettendo di interessarsi a tutto il resto, contrae debiti, mente, deve giocare sempre di più e con somme sempre maggiori di denaro.

Qui subentra la cosiddetta fase della disperazione: la persona si rende conto che probabilmente non vincerà più, è consapevole dei disastri provocati dal gioco ma nonostante questo non riesce a smettere di giocare, e spesso, l’unica via di ‘uscita’ sembra essere solo il suicidio.

Il giocatore d’azzardo, presenta tipicamente alcune “distorsioni cognitive”, pensa cioè di avere un’influenza sul gioco d’azzardo, attribuendo le perdite e le vincite eventuali a fattori del tutto errati, senza tenere conto del fatto che il risultato del gioco è interamente determinato dal caso e non all’abilità del giocatore.

Tra gli aspetti legati alla patogenesi del disturbo ci sono anche meccanismi comportamentali di condizionamento che facilitano la caduta del pazienti nella dipendenza patologica, oltre ad una tipologia di soggetti che presentano alcuni aspetti di natura biologica, quali impulsività, deficit attentivi, antisocialità e ricerca di di sensazioni emotive intense. Tra quest’ultima tipologia di giocatori si rileva spesso scarsa tolleranza delle frustrazioni, tendenza al suicidio ed è frequente anche l’abuso di alcool e droghe.

Esistono inoltre delle differenze tra i sessi: gli uomini sono più spesso dei giocatori patologici o compulsivi, mentre le donne più giocatrici per fuga; inoltre, mentre gli uomini iniziano a giocare più spesso in tarda adolescenza, con una progressione verso un gioco patologico più lenta; le donne cominciano a giocare in età adulta e spesso hanno un’evoluzione più rapida verso il GAP (Grant e Kim, 2002). Esistono anche delle differenze per quanto concerne il tipo di gioco: i maschi tendono a prediligere blackjack, poker, altri tipi di giochi con carte, dadi e scommesse su eventi sportivi; le donne sono più spesso coinvolte in giochi non strategici, con minore coinvolgimento interpersonale, come lotterie o slot machines (Grant e Kim, 2001; Potenza et al., 2001; Grant e Kim, 2002).

Come può essere trattato il GAP?

La terapia del GAP deve tenere in considerazioni le specificità di ogni singolo caso, ma in generale possiamo affermare che le principali Linee Guida Internazionali indicano di trattare il disturbo seguendolo come le dipendenze da sostanze, confermando quindi la necessità di approccio multidisciplinare e la massima personalizzazione del percorso terapeutico.

Il trattamento d’elezione sono le terapie cognitivo comportamentali di ultima generazione, che hanno dimostrato una buona efficacia nel controllo del gioco patologico e che hanno in primis l’obiettivo di rimuovere gli stimoli condizionati al gioco, quindi richiedere di fatto l’astinenza assoluta dal gioco, per poi aiutare il paziente a capire quali schemi di intervento può seguire per riuscire a ripagare i debiti. 

Nei piani di trattamento vengono anche inseriti esercizi di Mindfulness per gestire ad esempio l’intolleranza delle frustrazioni, e ove necessario, la terapia farmacologica.

Sono parimenti importanti anche gli interventi a sostegno dei familiari, che devono prevedere una fase di psicoeducazione per aiutarli a comprendere le dinamiche del disturbo e migliorare quindi le relazioni con i pazienti.

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Dott.ssa Paola Mosini
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