La depressione negli anziani: l’aiuto del geriatra

Nonostante il progressivo invecchiamento della popolazione e le più lunghe aspettative di vita, ancora in pochi conoscono il significato e il valore della geriatria, una specialità lungamente tacciata come medicina “povera” per gli anziani.

Il geriatra è una figura estremamente importante, perché valuta e gestisce i problemi di salute e i bisogni tipici della terza età, che richiederebbero l’intervento di diversi specialisti, evitando, per esempio, l’assunzione inappropriata ed eccessiva di farmaci.

A tale proposito, abbiamo intervistato la dottoressa Mariangela Bonzani, specialista in Geriatria e Gerontologia in Humanitas Medical Care Lainate e Humanitas Medical Care Arese, che vanta una lunga esperienza in ospedale e in strutture socio-sanitarie.

Qual è la specificità della professione del geriatra?

“Il geriatra è un medico che personalizza, ossia si rivolge alla cura della persona nel suo complesso e non solo alla cura della malattia in sé”, afferma l’esperta. Infatti, questo specialista si occupa non solo dello studio e del trattamento delle malattie degli anziani, ma cerca anche di capire soprattutto quelle che sono le componenti psicologiche, sociali, assistenziali che avvengono con l’invecchiamento.  

Quale metodo di lavoro utilizza il geriatra?

Si parla spesso in geriatria di “bassa tecnologia e alto tocco”, nel senso che il geriatra raccoglie le informazioni del paziente anziano, l’anamnesi familiare, la storia clinica e procede all’esame obiettivo. Ma, per avvicinarsi al problema nella sua interezza e poterne sviscerare le diverse componenti, lo specialista spesso utilizza delle schede validate: si tratta del metodo della valutazione multidimensionale. “A livello naturalmente di screening, le differenti scale ci permettono di valutare le autonomie funzionali dell’anziano, cioè la sua capacità nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, oppure quali siano le sue problematiche motorie, o ancora riconoscere un iniziale declino cognitivo e individuare problematiche emotive, tra cui, soprattutto, la depressione”, spiega la dottoressa.

A proposito di depressione, come si manifesta questo disturbo nell’anziano?

“Nell’anziano il problema della depressione è rilevante”, afferma la specialista. Le forme di questo disturbo possono essere differenti: alcune vengono definite “depressioni sotto soglia”, cioè sono forme di depressione lieve che, però, possono a volte accompagnarsi al declino cognitivo e a volte precederlo. Pertanto, lo stato depressivo nell’anziano si complica per la coesistenza di una componente cognitiva.

“La depressione si caratterizza spesso e principalmente per la presenza di anomalie dell’umore, insonnia, irritabilità, difficoltà a prendere decisioni anche semplici, perdita di interesse e di piacere, calo ponderale, disturbi alimentari”, spiega la dottoressa. E prosegue: “L’anziano molte volte tende a non riferire la tristezza che prova, ma comunica il suo disagio proiettandolo sul corpo, cioè verbalizzando i disturbi di tipo somatico”.  

Esiste, quindi, un’interconnessione tra depressione e disturbo di tipo cognitivo?

A volte si parla di pseudo demenza dell’anziano per intendere la depressione che si manifesta insieme a un deterioramento cognitivo, tanto da poter essere scambiata, appunto, per una demenza. In altre parole, “talvolta l’espressione del sintomo depressione è talmente spinto verso il disturbo di tipo cognitivo che viene interpretato come l’emergenza di una demenza”, chiarisce l’esperta. E aggiunge: “Si tratta di un aspetto molto delicato perché, se effettivamente il problema di fondo è la depressione, un approccio di tipo terapeutico, farmacologico e non, può migliorare le competenze cognitive”. Altre volte è esattamente il contrario: si pensa a una condizione depressiva quando, invece, questo disturbo può essere uno dei prodromi, cioè uno degli aspetti emotivi con cui si può manifestare un declino cognitivo.

Esistono fattori scatenanti lo stato depressivo?

I fattori che più spesso si associano alla depressione tardiva sono le comorbidità (coesistenza di patologie diverse), un problema di disabilità, gli scarsi contatti sociali, un lutto, soprattutto la perdita del coniuge, un dolore cronico che non si riesce a controllare ecc.

Qual è per l’anziano la corretta assunzione farmacologica?

Gli anziani assumono molti farmaci nel corso della giornata; mediamente nel 50% dei casi si arriva fino a dieci medicine. “A questo riguardo – spiega la dottoressa – il geriatra ha un compito fondamentale, quello cioè di scegliere con appropriatezza i farmaci per questa categoria di pazienti, perché, indipendentemente dalle patologie, alcuni di essi sono inappropriati, come per esempio le benzodiazepine per dormire, i FANS per il dolore, gli antipsicotici, gli antidepressivi”. Esistono terapie farmacologiche che possono certamente sortire nell’anziano dei benefici, ma i cambiamenti della funzione degli organi e degli apparati inducono a porre maggior attenzione alla loro scelta e anche alla posologia.

“Un altro aspetto molto importante – aggiunge – è il rischio della polifarmacoterapia negli anziani: l’assunzione di diversi tipi di farmaci per la cura di disturbi di varia natura porta a una maggiore presenza di effetti collaterali e quindi i rischi, spesso, superano i potenziali benefici”. Infatti, farmaci efficaci per una patologia possono aggravare uno stato cognitivo e uno stato funzionale.

“Anche per questo, compito del geriatra è quello di evitare le ‘cascate prescrittive’ (deprescrizione)”, conclude la dottoressa Bonzani.

 

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