Tumore alla vescica, attenzione al fumo di sigaretta

Secondo la 13° edizione del rapporto annuale I numeri del cancro in Italia (pubblicato a dicembre 2023), il cancro alla vescica è il quinto tumore più frequentemente diagnosticato nel nostro Paese. Che ruolo gioca il fumo di sigaretta e perché è importante smettere di fumare?

Ce ne parla il professor Alberto Mandressi, urologo presso Humanitas Mater Domini e gli ambulatori Humanitas Medical Care De Angeli e Murat a Milano e nel centro di Arese.

Quali possono essere le cause del tumore alla vescica?

Più del 95% dei tumori della vescica è formato da carcinomi a partenza dall’urotelio (l’epitelio che riveste la vescica e le alte vie escretrici urinarie), che, come nel caso del tumore al polmone, vedono nel fumo di sigaretta il loro principale fattore di rischio. Infatti, i prodotti chimici della combustione contenuti nel fumo di sigaretta vengono attraverso l’inalazione assorbite dal sangue, il quale, filtrato attraverso i reni, rilascia tali prodotti tossici nelle urine che si raccolgono nella vescica.

Anche il fumo passivo nei non fumatori aumenta il rischio di sviluppare cancro di circa il 20%.

Altri fattori di rischio sono: 

  • l’ età (il carcinoma della vescica è una malattia degli adulti più anziani essendo il 90% delle diagnosi fatte in persone al di sopra dei 55 anni e l’80% in persone sopra i 65 anni); 
  • il sesso ( nei maschi l’incidenza è 4 volte maggiore che nelle femmine ); 
  • i fattori ambientali e le esposizioni professionali, peraltro prevenibili, che comportano l’esposizione a carcinogeni (come le ammine aromatiche, gli idrocarburi policiclici, gli idrocarburi clorati, l’arsenico ecc) che si trovano nell’industria dei coloranti, dei metalli, della gomma e dei prodotti petroliferi
  • l’esposizione a radiazioni ionizzanti (per esempio un trattamento di radioterapia nella regione pelvica)
  • il consumo di carni rosse e l’obesità, sebbene in misura minore intorno al 10% di incremento, aumentano il rischio di sviluppare un carcinoma della vescica

Le infiammazioni croniche della vescica sono viceversa fattori di rischio per il carcinoma squamoso, come accade nelle infezioni da schistosoma, un protozoo parassita endemico nel delta del Nilo.

Come si manifesta il tumore alla vescica?

Il tumore alla vescica può presentarsi in modi e caratteristiche diverse. Nella maggior parte dei casi viene diagnosticato in forma di vegetazione all’interno della vescica, il cosiddetto polipo vescicale, limitato quindi alla mucosa, lo strato più superficiale della vescica, quello a contatto con l’urina: si tratta di tumori non infiltranti il muscolo. Più raramente viene diagnosticato in fase avanzata in cui la malattia ha infiltrato gli strati più profondi della vescica; in questo caso si tratta di tumori muscolo-invasivi. Sulla base invece delle caratteristiche della cellula tumorale si distingue in tumori a basso grado e tumori ad alto grado, questi ultimi risultano essere i più aggressivi.

In quanto tempo si sviluppa il tumore alla vescica?

È stimato che il tempo di latenza tra l’inizio della pratica al fumo e la manifestazione del tumore della vescica sia intorno ai 30 anni. Anche in caso di esposizioni a fattori di rischio in ambito professionale i tempi di latenza tra l’esposizione e l’evidenza del tumore sono in termini di anni.

Tuttavia, è noto che smettere di fumare riduce il rischio di sviluppare il tumore di circa il 40% nel giro di soli 4 anni e lo azzera nel giro di 20 anni. Ed è altrettanto noto che l’abolizione di coloranti come l’anilina ed i suoi derivati nell’industria delle vernici hanno abbattuto l’incidenza dei tumori in quei lavoratori.

Questo significa che il tumore della vescica si può prevenire prima ancora che curare, dal momento che si conoscono molte delle sue cause. Evitare il fumo di sigaretta sia attivo, il proprio, che quello passivo, degli altri, è il primo dovere. 

Controllare le emissioni tossiche nell’ambiente, proibire le sostanze critiche nell’industria, controllare la qualità e quantità dell’alimentazione è l’impegno che ognuno, nel suo ambito, può produrre per abbattere l’incidenza del carcinoma della vescica, e le generazioni future ci ringrazieranno.

Quali sono i sintomi del tumore alla vescica?

La vescica è un organo che si distende e si contrae. Questo fa sì che, nella maggior parte dei casi, i polipi vescicali possono sanguinare. L’ematuria, ovvero la presenza di sangue nelle urine, sia macroscopica che microscopica, è il sintomo d’esordio più comune nel cancro alla vescica. Altre forme di tumore vescicale, come i cosiddetti carcinomi in situ, tumori superficiali ad alto grado, possono provocare sintomi irritativi, quali aumento della frequenza e stimolo impellente alla minzione analoghi ai sintomi della cistite. Nei casi più gravi di tumori muscolo invasivi, il dolore pelvico può rappresentare un sintomo indicativo della loro presenza.

Come viene diagnosticato il tumore alla vescica?

In presenza di ematuria due esami di facile esecuzione sono il primo passo per diagnosticare un tumore vescicale: l’ecografia e la citologia urinaria.

L’ecografia dell’addome, con specifica attenzione all’apparato urinario, permette di evidenziare la presenza di polipi o alterazioni strutturali della parete vescicale. L’esame citologico delle urine analizzando la forma delle cellule presenti nelle urine consente di identificare la presenza o meno di cellule tumorali.

Qualora i due esami di primo approccio risultassero negativi o dubbi, la cistoscopia è un necessario completamento della diagnostica di base. Si tratta di un esame ambulatoriale che attraverso l’impiego di strumenti flessibili e di piccolo calibro rende negligibile il disagio dell’esame, ma consente l’identificazione sicura non solo della presenza di polipi ma anche di alterazioni cromatiche della mucosa suggestive della presenza di tumore.

Una volta identificato il tumore, se le caratteristiche morfologiche dimostrano una malattia superficiale, si procede alla rimozione dello stesso attraverso la resezione endoscopica, la cosiddetta TUR. Questo intervento mini invasivo consente non solo di rimuovere la lesione ma soprattutto di identificare le caratteristiche della malattia, se cioè di basso o di alto grado. I tumori di alto grado sono potenzialmente aggressivi, possono metastatizzare ed invadere la parete, fatti che orientano i successivi passi terapeutici ed i ritmi dei controlli. La TUR rappresenta a tutti gli effetti un’indagine diagnostico-terapeutica.

Se viceversa dalla diagnostica di base emerge il sospetto di una malattia non superficiale ma in fase più avanzata, si procede, prima di eseguire la TUR, ad approfondimenti diagnostici sistemici, quali TAC o RMN per “stadiare” il tumore: conoscerne l’estensione locale, l’eventuale interessamento dei linfonodi o la presenza di metastasi a distanza.

La TAC (Tomografia assiale computerizzata) usa i raggi X con il mezzo di contrasto iodato, per visualizzare l’interno del nostro corpo attraverso scansioni continue a spirale che permettono di mostrare tutti i particolari degli organi interni. Analoghi risultati li ottiene la RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) ma usa per ottenere le immagini la risonanza, con onde di radiofrequenza, delle molecole di acqua orientate da un campo magnetico. La RNM è superiore alla TAC nella valutazione dei tessuti molli e quindi nell’estensione locale del tumore nei casi più avanzati.

Nella pratica clinica, in aggiunta a quelle citate, a loro a completamento ed affinamento, vengono usate anche altre metodiche diagnostiche. I marker genetico/molecolari, o biomarkers, sono test usati sia nella diagnosi iniziale del tumore per migliorare l’attendibilità della citologia o nel follow up per dilazionare i controlli cistoscopici.

La PET (Tomografia a emissione di positroni) è una diagnostica di medicina nucleare che utilizza un radiofarmaco (fluoro-desossiglucosio, 18F-FDG-PET) che accumulandosi nelle lesioni neoplastiche con elevato metabolismo, permette l’identificazione di metastasi altrimenti di difficile identificazione con le altre tecniche di immagini. È usata nella diagnostica linfonodale nelle malattie avanzate ma soprattutto nel follow up dopo terapie multiple sistemiche.

Si può guarire dal tumore alla vescica?

La risposta è sì e lo dimostra il fatto che benché sia in 5a posizione come frequenza nell’incidenza tra i tumori, è al 13° posto come mortalità: quindi dal tumore della vescica si può guarire purché venga tenuto conto con tempestività dei sintomi, che questi vengano appropriatamente indagati e approfonditi e sulla base delle evidenze ottenute vengano erogate le terapie più appropriate e vengano successivamente eseguiti scrupolosamente i controlli.

I tumori non muscolo invasivi vengono trattati e per lo più risolti con la TUR. Di questi, quelli a basso grado possono recidivare ma un adeguato follow up ne consente il miglior controllo e la buona prognosi. Quelli ad alto grado, così come i carcinomi in situ, vengono trattati con la chemioterapia intravescicale insieme alla TUR e successivamente vengono sottoposti a trattamento con il BCG (Bacillo di Calmette Guerin, un micobatterio della TBC bovina attenuato), un’immunoterapia aspecifica che riduce le recidive e la progressione di questi tumori.

I tumori muscolo invasivi per essere risolti richiedono la cistectomia, cioè la rimozione della vescica, insieme ai linfonodi regionali. Tale intervento oggigiorno si può eseguire sia a cielo aperto sia in laparoscopia robot assistita, e viene sempre completato con la derivazione urinaria. Quando possibile, la vescica asportata viene sostituita con una nuova vescica costruita con parti dell’intestino, la neovescica, che permette la restituzione integrale dell’attività urinaria. Qualora la neovescica non si potesse costruire si possono però derivare le urine in tasche continenti o con un condotto ileale che garantiscono comunque un’adeguata qualità di vita.

Se il tumore muscolo invasivo è in stadio particolarmente avanzato o metastatico la chemioterapia a base di cis platino può essere somministrata prima della chirurgia, chemioterapia neoadiuvante, migliorandone i risultati di sopravvivenza dell’8%.

La stessa chemioterapia può essere impiegata dopo la chirurgia, chemioterapia adiuvante, qualora all’esame dei tessuti asportati con l’intervento risultasse incompleta l’asportazione della malattia.

L’Immunoterapia, ancora in fase sperimentale, è un promettente mezzo terapeutico. 

La radioterapia da sola non ha un ruolo terapeutico nel tumore della vescica, ma solo palliativo o complementare.

Il tumore della vescica è dunque un tumore curabile, ma è ancor di più un tumore prevenibile: spetta a ciascuno acquisire tale consapevolezza, diminuendone così l’incidenza e migliorando i risultati delle terapie.

Urologia
Prof. Alberto Mandressi
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